L’epilessia può diventare cronica. A svelare i meccanismi che portano allo sviluppo della malattia in seguito ad un attacco autoimmunitario del cervello è uno studio italiano coordinato dall'IRCCS Ospedale policlinico San Martino di Genova in collaborazione con l’Ospedale pediatrico Salesi di Ancona e con il patrocinio della Lega Italiana Contro l'Epilessia (LICE). Il lavoro è stato pubblicato sul Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry.
I fattori individuati dai ricercatori potrebbero contribuire alla messa a punto di farmaci in grado non solo di bloccare le crisi epilettiche nella fase acuta della patologia, ma anche di impedirne lo sviluppo. Si scongiurerebbe in tal modo l’instaurarsi di un'epilessia cronica e difficile da trattare.
“Riconoscere tempestivamente questi pazienti a rischio è fondamentale, perché così si può accelerare l’inizio di un’immunoterapia riducendo il rischio di un danno cerebrale permanente che può portare a un’epilessia cronica, irreversibile e difficile da gestire” dichiara, in una nota del nosocomio, Flavio Villani, direttore dell’Unità di neurofisiopatologia del San Martino e coordinatore del progetto.
I dati sull'epilessia
L'epilessia, precisa il San Martino, colpisce circa 60 milioni di persone nel mondo e oltre 500.000 italiani, con picchi di incidenza in età infantile e negli over 65. Le cause sono molteplici e vanno da una predisposizione genetica a traumi cranici, da tumori a malattie infiammatorie del sistema nervoso tra cui le encefaliti autoimmuni.
Le encefaliti sono spesso associate a episodi epilettici acuti che possono provocare esiti permanenti come deficit cognitivi gravi, disturbi comportamentali e crisi epilettiche che diventano croniche, spesso farmacoresistenti. I farmaci attualmente disponibili consentono di controllare i sintomi durante le crisi, ma non prevengono l’insorgenza dell’epilessia in chi è a rischio perché affetto da una patologia che ne favorisce la comparsa.
L’importanza della ricerca per il futuro delle terapie
Lo studio, che ha coinvolto 34 Centri Epilessia italiani coordinati dal San Martino, ha raccolto nell’arco di 10 anni i dati di 263 persone di età compresa tra i 4 e gli 86 anni colpite da encefalite autoimmune.
“Questa ricerca - spiega Flavio Villani - è unica per il numero dei pazienti coinvolti, la grande mole di dati raccolti e per la lunga durata del follow up. I risultati mostrano che le crisi epilettiche diventano croniche nel 44% dei pazienti con encefalite autoimmune, ma che in 8 casi su 10 ciò si associa all’assenza di specifici anticorpi "anti-neuronali", diretti cioè contro le cellule cerebrali. In questo sottogruppo di pazienti – aggiunge il coordinatore del progetto - oltre all’assenza di anticorpi, possono considerarsi fattori predittivi di un'epilessia che si trasforma in malattia cronica anche la resistenza delle crisi alle terapie nonostante l’assunzione di un elevato numero di farmaci anticrisi e l’inefficacia dell’immunoterapia durante la fase acuta”.
Anche un inizio tardivo dell’immunoterapia, dopo oltre tre mesi dall’esordio della malattia, è collegato a crisi epilettiche durature nel tempo.
Villani spiega inoltre perché sia importante identificare gli elementi che predispongono i pazienti al rischio e i biomarcatori che predicono la conversione di crisi epilettiche da acute a croniche nei casi susseguenti ad encefalite autoimmune. Prevedere lo sviluppo di epilessia cronica prima che questa si sia consolidata irreversibilmente è un grande aiuto.
I risultati infatti potrebbero contribuire allo sviluppo di nuovi trattamenti mirati, realizzati su misura sul singolo paziente, che possano non solo limitarsi a bloccare le crisi, ma che riescano ad impedire all’origine la comparsa dell’epilessia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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