Ancora oggi è una malattia per la quale non esiste una cura definitiva e molto invalidante man mano che si avanza con l'età: il morbo di Alzheimer colpisce milioni di persone in tutto il mondo ma gli scienziati stanno ottenendo sempre più risposte partendo da lontano. Sembra infatti che la familiarità con il morbo predisponga maggiormente alla comparsa di questa malattia in età avanzata soprattutto se ad ammalarsi è stata la madre o se il padre ha avuto sintomi precoci.
I risultati dello studio
Sulla rivista Jama Neurology è pubblicato l'ultimo studio dal titolo "Anamnesi genitoriale di disturbi della memoria e Betamiloide negli anziani con deficit cognitivi": sono stati presi in esame i dati di 4.413 persone di età compresa tra 65 e 85 anni, senza problemi cognitivi, in uno studio clinico randomizzato condotto in 67 centri tra Canada, Stati Uniti e Australia con dati raccolti tra aprile 2014 e dicembre 2017 e analizzati da dicembre 2022 a giugno 2023. Con risonanze magnetiche e imaging hanno visto che "la storia materna (a qualsiasi età) e la storia paterna di disturbi della memoria a esordio precoce erano associate al carico di betamiloide tra gli individui anziani asintomatici", spiegano gli scienziati.
Il parere dei ricercatori
In pratica, quindi, ci sarebbe una maggiore predisposizione all'accumulo di amiloide, responsabile del declino cognitivo e successivo sviluppo della malattia, se anche soltanto un genitore ha il morbo di Alzheimer nei casi specificati prima. Nel caso della madre "abbiamo osservato un livello di amiloide più alto", ha spiegato il neurologo Hyun-Sik Yang, uno degli autori dello studio. "Non importa a che età la madre ha iniziato a sviluppare sintomi", ha sottolineato la prima autrice dello studio, la neurologa Mabel Seto. Per quanto riguarda l'eventuale eredità dal padre, può avere una certa importanza soltanto se i sintomi sono precoci e in età relativamente giovane. "Avere solo una storia paterna di disturbi della memoria a esordio tardivo non era associato a livelli di amiloide più elevati".
L'importanza della genetica
La scoperta mette in risalto il fatto che l'Alzheimer è maggiormente diffuso tra le donne e che le conseguenze sono logicamente diverse. "Da un punto di vista genetico è davvero interessante vedere come un sesso contribuisce a un rischio che l'altro non comporta", sottolinea la Seto.
Le incertezze della ricerca
Gli stessi scienziati sottolineano quali sono tutti i limiti di questo studio che avrà bisogno di ulteriori prove per il nesso tra genetica dei familiari e il rischio di contrarre l'Alzheimer in età adulta: innanzitutto, molti dei genitori dei partecipanti erano scomparsi in giovane età e ben prima di poter avere disturbi cognitivi. E poi, la maggior parte dei partecipanti allo studio erano bianchi non ispanici, di conseguenza questi risultati potrebbero non essere gli stessi per altre etnie. Infine, anche alcuni fattori sociali potrebbero essere decisivi in un senso o nell'altro.
In ogni caso, il lavoro ha messo in luce che la storia familiare del morbo ha influenze ben precise in quello che poi sarà il futuro dei figli e che la genetica materna può avere un ruolo fondamentale. Secondo un'altra neurologa e coautrice dello studio, Reisa Sperling, nuove evidenze scientifiche potrebbero tradursi in prevenzione.
"Questo lavoro indica che l'ereditarietà materna della malattia di Alzheimer può essere un fattore importante per identificare le persone asintomatiche da coinvolgere negli studi di prevenzione, attuali e futuri".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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