Si chiama epatocarcinoma ed è la forma di tumore più aggressiva che possa colpire il fegato: se è vero che grazie alla chirurgia e alle attuali terapie si può guarire, anche se il numero dei decessi rimane ancora molto elevato, alcuni ricercatori italiani hanno indagato quali sono le cause, a monte, che portano a questo tipo di cancro.
Cos'è la cirrosi epatica
È già ben noto, in letteratura, qual è il ruolo della cirrosi epatica nel successivo sviluppo del tumore. Con questo termine di intende un diffuso "sovvertimento della struttura interna del fegato" che ha origine un'enorme quantità di tessuto epatico normale viene sostituito in modo permanente da tessuto cicatriziale, non funzionante", spiegano gli esperti nel Manuale Msd. Adesso, però, un nuovo approccio scientifico è partito dallo studio di questa patologia e qual è la sua progressione per comprendere il futuro sviluppo del tumore al fegato.
Lo studio
L'articolo di ricerca è pubblicato sulla rivista scientifica Clinical Cancer Research dal titolo "Lo scompenso epatico precoce identifica i pazienti con carcinoma epatocellulare trattati con Atezolizumab più Bevacizumab o Sorafenib a più alto rischio di morte". Il team di ricerca guidato dal prof. Giuseppe Cabibbo, Associato di Gastroenterologia al Policlinico "Paolo Giaccone" di Palermo, ha valutato se lo scompenso epatico clinico precoce (Chd) entro tre mesi dall'inizio della terapia sistemica possa influenzare la sopravvivenza dei pazienti trattati con alcuni specifici farmaci nello studio chiamato "IMbrave150". La conclusione è che ci sono prove solide che Chd precoce è associato al rischio più elevato di morte nei pazienti con carcinoma epatocellulare sottoposti a trattamento sistemico.
L'importanza di questa ricerca
"Si tratta di una pubblicazione scientifica importante perché rileva, per la prima volta in uno studio rigoroso, che gli eventi epatici sono in grado di predire la mortalità per tumore al fegato più della progressione del tumore stesso", ha spiegato a Repubblica il prof. Cabibbo, sottolineando che l’epatocarcinoma ha la caratteristica di "nascere" a causa di un'altra malattia: da questo punto è dunque fondamentale "considerare anche la funzione epatica e il suo peggioramento come indice prognostico dell’evoluzione della malattia e che i pazienti possono avere maggiori opportunità di sopravvivenza se migliora la funzione epatica”.
Cosa cambia adesso
In questo modo, quindi, sarà possibile sviluppare cure più mirate e le stesse sperimentazioni avranno come nuovo obiettivo quello di indagare la funzione epatica per evitare l'insorgenza successiva del tumore al fegato.
Fino a oggi, invece, tutti i farmaci sviluppati e in commercio per l'epatocarcinoma avevano adottato "un approccio classicamente oncologico, che vede come obiettivo finale la sopravvivenza al cancro e come obiettivo secondario la crescita o decrescita della massa tumorale. Questo studio afferma, invece, la necessità di definire anche la funzione epatica, perché ciò ha un impatto sulla sopravvivenza del paziente”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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