La favola del «Medico» batte il reality del trans

Così, di primo acchito, verrebbe da dire: accidenti, questa volta per il Grande Fratello si mette male. Prima viene battuto dalla favola antica di Pinocchio, poi dalla favola moderna della famiglia Martini. A cosa stiamo assistendo, all’agonia del padre dei reality anche in Italia, dopo che in Gran Bretagna se ne è già decisa la sepoltura? Alcuni critici ne decreteranno subito la crisi, esaltando la ritrovata «sanità mentale» del pubblico che preferisce i racconti di Collodi alle vuote chiacchiere dei ragazzi «ignoranti» del Gieffe. Però, un attimo. È vero che il Gieffe non è riuscito a superare la concorrenza di Raiuno nella seconda e terza puntata, però prima di sentenziare che siamo di fronte a una crisi, bisogna tenere presente alcuni punti. Prima di tutto, che più di cinque milioni di spettatori (5.381.000 per l’esattezza con il 24,4 per cento di share) come quelli totalizzati lunedì sera non sono mica bruscolini, ma costituiscono una bella fetta di pubblico. E, se si vuol sottilizzare, dal punto di vista di Mediaset (cui interessa preminentemente il riscontro pubblicitario) i risultati sul pubblico tra i 15 e i 64 anni (cioè quello che compra) sono ancora migliori: 26,95 nella fascia di prime time. In sostanza il Medico in Famiglia in media è più seguito dagli anziani: lunedì è stato visto da 7 milioni e mezzo di persone (25,5 per cento di share) nel primo episodio e 7 milioni (26,9 per cento) nel secondo. Una serie sempre amatissima: non per nulla, i dirigenti di Raiuno, per raddrizzare una stagione cominciata male, hanno piazzato nonno Lele Martini anche al lunedì, oltre che al martedì. E hanno affidato, in generale, alla fiction il compito di riportare il primo canale in buona salute. Sono così convinti che i propri ascoltatori non vadano al supermercato, da togliere pure i break pubblicitari: lunedì sera è stato eliminato quello delle 23 con una perdita secca di 500-600mila euro. Si tratta di una «furbata» degli addetti al palinsesto: si preferisce, cioè, perdere incassi pubblicitari piuttosto che spettatori (che cambiano canale durante gli spot) nonostante il buco gigantesco del bilancio Rai.
Ma torniamo al Gieffe. Bisogna ricordare anche che il reality è giunto alla decima stagione. E che ne sono state mandate in onda due edizioni nello stesso anno. Soffre d’usura. Anzi, è incredibile che ci siano ancora tante persone che si mettono a guardare uno show tanto abusato da doversi inventare qualsiasi espediente per attrarre pubblico. Anche se, giova fare i confronti, in altri Paesi si sta peggio: provate a guardare qualche puntata andata in onda in Gran Bretagna!
E, poi, può succedere che la realtà vera batta il reality. Al Gieffe si erano spremuti il cervello per oltrepassare l’ultima frontiera: il trans inserito, a sorpresa, tra i concorrenti. Lanciando la caccia a scoprire chi fosse. Ma, pochi giorni prima della partenza, ecco che ti arriva il caso Marrazzo che ha spalmato dibattiti su sesso, droga e malaffare su tutti i canali televisivi. Da mattina a sera non si è parlato d’altro e quindi, che vuoi, Elettra diventata Gabriele, in confronto alle prodezze del presidente della regione Lazio, sembra una storia da libro Cuore. Tanto che, l’altra sera, in puntata la conduttrice Alessia Marcuzzi ha centrato l’attenzione su un video-messaggio d’amore inviato dalla compagna-donna del concorrente lei-lui e non ha insistito molto sulla rivelazione che Gabriele ha fatto sabato sera ai suoi compagni di essere nato donna e non uomo. Con conseguente racconto dell’infanzia difficile, della voglia di giocare con i soldatini e non con le bambole e del lungo percorso interiore ed esteriore per trasformare il proprio essere.
Infine, da ricordare anche che, di norma, il reality di Canale 5 carbura lentamente: le prime puntate servono a far conoscere i concorrenti, cui, piano piano, gli spettatori si affezionano. Tra l’altro, quest’anno i partecipanti sono moltissimi, anche perché, per festeggiare il decennale, bisogna tirare avanti fino a marzo. Dunque, posto che il reality non mostra ancora segni di agonia, c’è comunque da interrogarsi sul suo futuro.

I dirigenti Mediaset, magari, cominceranno a pensare che non è il caso di fare una edizione così vicina all’altra. Oppure ci si rassegnerà all’idea che il Gieffe, dopo anni di record (di ascolti) rimarrà solo un programma come gli altri: cui basta la soglia di sopravvivenza del venti per cento di share.

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