Federalismo fiscale? Tagliamo le Province

Non c’è foto di Giulio Tremonti a Francoforte alla quale in questi giorni sia mancato il sorriso di chi si trova più che a suo agio, forse stanco, ma rilassato, soddisfatto. Ne ha ben donde. Ha ribadito il pareggio di bilancio italiano per il 2011, proprio mentre l’Eurogruppo rinviava per tutti la soglia ultima di due anni, al 2012. E ha tra l’altro persuaso i suoi colleghi con pochi tocchi, ben dosati. Tasse alla Robin Hood e la ristrutturazione dei mutui hanno acceso la fantasia degli altri ministri. Ai quali il ritorno di tanto spumeggiante talento alle loro riunioni, dopo due anni, deve essere piaciuto. Come piace all’Italia, nazione di non più giovani, i quali appunto non prediligono l’ansia. E un intervento di 30 miliardi da qui al 2011 è molto, ma non pare troppo. A ben altre cifre ci aveva abituato il governo del povero Prodi e soprattutto a ben altre ansie e smentite, beghe e continui rancori. Eccoci invece tornati più comprensivi, contenti persino che il ministro Tremonti sia stato visto in ameno colloquiare col suo predecessore. Per chi stravince è più facile essere di buon cuore.
E tuttavia, per quanto ci faccia bene la quiete, e avessimo tutti urgenza di rasserenarci dopo la deriva venezuelana alla quale ci destinava il prodismo, non è che i nostri guai siano finiti. Il talento consumato del ministro Tremonti ha semplificato, e calmato il fronte europeo. Non sono cifre impossibili, quelle necessarie per portare l’indebitamento netto vicino allo 0 nel 2011. L’abolizione di un comma famigerato sulla Finanziaria e i tagli di qualche miliardo per sanità, enti locali e pubblico impiego richiederanno grande maestria già quest’anno. Ma ancora rientrano nei preliminari. Non sono il compito più difficile. Attuare un efficiente federalismo fiscale, e per tal via far calare già entro questa legislatura in misura sensibile la pressione fiscale sarebbe l’impresa straordinaria. Giacché, tre punti in meno di tasse sul Pil, implicherebbero 50 miliardi da trovare da qui al 2011 con più crescita o tagli.
Peraltro il rispetto di Maastricht può bastare al prodismo che elevando le tasse ha fatto finta di non vedere e ci ha infilato con una struttura statale inadeguata nell’Euro. Col quale va però anche ricordato sono iniziati i nostri guai. Tutto quanto non ci piace dello Stato in Italia, e che conduce alla decadenza è stato dagli anni 90 narcotizzato, via via peggiorato dalle tasse di Prodi e Visco. Dunque, con buon senso, prima o poi andrà disfatto. Il che implicherà calare la pressione fiscale e quindi tagli alla spesa più alti di quelli sufficienti per Maastricht. Per dirla in altri termini: il federalismo fiscale dovrà sortire l’effetto di farci costare meno lo Stato. Non dovrà rinnovare altri alibi allo spreco statale. Sarebbe un gran bene quindi se coinvolgesse gli enti locali nella responsabilità del debito e vivificasse l’enorme mano morta pubblica. Ma richiederebbe anche dei tagli. Per esempio: le Province. Dagli ultimi dati, del 2005, esse hanno circa 14 miliardi di entrate. Forse almeno un quinto potrebbe recuperarsi chiudendole. Significherebbe 2 miliardi di tasse dalla Rc auto, 1 dall’imposta di trascrizione in meno.

Non sarebbe certo l’entità dei ben altri tagli richiesti per ridurre in misura sensibile la pressione fiscale. Ma questo criterio applicato a tutte le funzioni mal svolte dallo Stato darebbe un criterio di misura al federalismo fiscale e no, che resta la gran scommessa di questa legislatura.
Geminello Alvi

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