Paolo Armaroli
Non ho il piacere di conoscere di persona Marcello DOrta. Ma lo leggo sempre volentieri. Napoletano come mia madre, debbo riconoscere che il genium loci aiuta. Con una sola parola, Eduardo docet, i napoletani riescono a esprimere un concetto. Di DOrta mi piace la scrittura nitida e accattivante. E i suoi argomenti, esposti con il consueto garbo, fanno riflettere. Ma il suo articolo pubblicato qui accanto mi fa aggricciare la pelle. Ma come, mi sono detto: un apota, uno che non la beve come lui, si lascia sedurre così facilmente dalle sirene della sinistra? Ma sì, dagli Agazio Loiero, fresco governatore della Calabria con le sue brave gatte da pelare, che si è vantato di aver vinto le elezioni regionali illustrando le disposizioni della riforma costituzionale del centrodestra?
Per cominciare, DOrta cita le parole di Claudio Magris, che sarà pure unautorità indiscussa nel suo campo ma che di sicuro non è un costituzionalista. A suo avviso, la riforma federalista «si appresta a cancellare (...) il senso stesso dello Stato e dellItalia». Bum! Una tesi tanto azzardata meriterebbe una adeguata motivazione. In mancanza della quale sorge il sospetto che Magris la riforma non labbia neppure letta. Daltra parte DOrta ci mette del suo. Afferma infatti che «se tuttavia il referendum confermativo farà passare questa riforma, ho paura che il Sud ne uscirà spennato, finendo col somigliare a uno di quei polli sgozzati che ogni giorno la televisione ci mostra a proposito dellinfluenza aviaria». È proprio il caso di dire che piove sul bagnato.
Ora, il federalismo può piacere o no. Sta di fatto che da diverso tempo a questa parte tutti i partiti, nessuno escluso, hanno rincorso Bossi. Magari per calcolo. Per ingraziarsi il Senatùr e tirarlo dalla loro parte. Prima hanno finto di credere, poi hanno creduto di fingere e alla fine ci hanno creduto davvero. Tantè che il centrosinistra ha riformato il titolo V della Costituzione nella scorsa legislatura. E la Casa delle libertà ha riformato quella riforma adesso. Ma, ecco, cè federalismo e federalismo. E questo appena approvato è di gran lunga migliore di quello che ormai non ha più né babbo né mamma. Tanto è vero che uno dei suoi relatori, il deputato diessino Antonio Soda, che è un valente giurista, ha scimmiottato Gino Bartali. Anche per lui quella riforma era tutta sbagliata e tutta da rifare.
La riforma del centrosinistra apre la via a un federalismo a due velocità. Perché le regioni più ricche, con tanti saluti a quelle del Meridione, possono ottenere ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. La riforma del centrodestra invece non solo pone tutte le regioni ordinarie su un medesimo piano, ma riserva di nuovo allo Stato materie attribuite con una certa spensieratezza alle regioni. Grazie alla reintroduzione del concetto di interesse nazionale, previsto dalla Costituzione del 1948 e abolito per insipienza dal centrosinistra, lo Stato può annullare leggi regionali o singole disposizioni di esse. E la legislazione regionale esclusiva in tema di assistenza sanitaria, organizzazione scolastica e polizia amministrativa regionale e locale, prevista dalla riforma del centrodestra, non desta alcuna preoccupazione. Perché sono di competenza statale le norme generali sulla tutela della salute e sullistruzione, nonché lordine pubblico e la sicurezza. Perciò lunitarietà dellordinamento non viene intaccata. E la Repubblica resta una e indivisibile, come prescrive larticolo 5 della Costituzione.
Cè di più. Questa riforma non solo istituisce un federalismo solidale, ma dà più stabilità al governo, razionalizza il bicameralismo, diminuisce il numero dei deputati e dei senatori, abbozza uno statuto dellopposizione, conferisce al capo dello Stato maggiori poteri di garanzia. Insomma, ha tutte le caratteristiche di quella Grande Riforma vagheggiata da gran tempo. Perciò DOrta, che è una persona seria, non dia ascolto a chi calunnia con la speranza che la maggioranza abbocchi allamo.
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