Allora c'è pop oltre la volgarità. Si può ancora fare canzoni che non grondino riferimenti sessuali a sproposito, che abbiano una storia, che usino le parolacce con un perché e evitino il politically correct senza un perché. Insomma c'è Tananai, che è uno dei pochi in netta controtendenza rispetto agli arbiter elegantiarum della nostra canzone vestita di disimpegno e recintata dai paletti indispensabili della condivisione e degli ammiccamenti a favore di clic.
L'altra sera ha riempito il Forum di Assago con undicimila persone, qualche giorno prima era al Palazzo dello Sport di Roma e non era così facile prevederlo l'anno scorso, quando arrivò al Festival di Sanremo da sconosciuto e ne uscì da ultimo con una canzone che aveva già l'idea della toccata e fuga: Sesso occasionale. Oltretutto l'Ariston per lui era stata una caporetto: stecche, incertezza, stroncature. Praticamente pensava di cambiar mestiere e invece qualche giorno dopo il Festival il manager lo chiamò per dire che «la canzone spacca, dobbiamo andare a Roma» (come riportato dal Messaggero).
Da allora non si è più fermato ed è forse un personaggio più unico che raro nella musica leggera di questi tempi. Intanto non è un liceale appena uscito dalla cameretta a bordo delle proprie paranoie come tanti altri, ma un 28enne milanese che ha fatto il liceo ma pure il deejay, si è iscritto all'Università (progettazione elettronica al Politecnico di Milano) prima di scegliere un altro corso di laurea: quello in cantautore. All'ultimo Sanremo è arrivato con Tango, si è piazzato quinto ma il brano non è volato via nel giro di qualche stream come spesso capita. Proprio come Supereroi di Mr Rain, è entrato tra le maglie di una generazione che ora lo canta a memoria come capita alle melodie che lasciano un segno. «Già è stato emozionante sentirla cantare dalla gente a Sanremo. Ma anche al Concertone del Primo Maggio tutti quei cori mi hanno impressionato», ha detto l'altra sera prima di salire sul palco del Forum di Assago: «Ho passato tanti anni ascoltando brani di successo che avrei dato un rene per scriverli io, ora non è spiegabile la sensazione che provo».
E non è neanche semplice capire perché Alberto Cotta Ramusino, che il nonno ha soprannominato Tananai ossia «piccola peste», abbia scavallato le mode e sia riuscito a diventare credibile cantando un tormentone con Fedez e Mara Sattei (La dolce vita) ma pure un brano come Tango che è ispirato a Olga e Maxim, lei ucraina rifugiata a Milano e lui al fronte a combattere.
Prima del Festival, questo «link» con la guerra non è stato «sfruttato» per fare la grancassa promozionale al brano, anzi. Il grande pubblico ha capito pian piano che le «palazzine a fuoco» erano quelle del Paese invaso dalla Russia e che «noi non siamo come loro» ha un significato più profondo e meno rocchenroll del «sono fuori di testa, ma diverso da loro» dei Måneskin. È una fotografia del nostro tempo, e diciamo pure purtroppo. «Tango non è una canzone alla moda», ha ripetuto lui l'altra sera prima di suonare nel «palazzo» come lo ha chiamato, ossia il Forum. «Non mi piace usar ela parola artista, ma il mio sogno è di fare 12 palazzi di fila come fece Jovanotti», ha spiegato un po' emozionato e un po' sbruffone mentre si preparava al debutto. Finora ne ha «fatti» cinque, di «palazzi», per un totale di 40mila biglietti venduti: «Ma d'estate ci sarà un altro tour bello grosso».
In fondo Alberto Tananai ora è uno dei golden boy del nostro pop, forse quello più in controtendenza perché è educato, veste bene (elegantissimo a Sanremo), è tatuato con garbo e usa i congiuntivi con nonchalance. Forse per questo è diventato un obiettivo grosso così per il gossip o le ipotesi tipo quella del suo nuovo pezzo con Marracash candidato a tormentone dell'estate: «Sì ci siamo visti in questi mesi, ma se mi chiedi se c'è un brano pronto non ho niente da farti ascoltare». Poi boh, oggi il pop vive di annunci improvvisi e di smentite confermate e quindi non si può dire nulla con certezza.
Qui le uniche certezze sono i dischi d'oro e di platino per i singoli e il disco Rave, eclissi uscito in autunno e la forza di un ragazzo che è poi la proiezione attualizzata della favola pop: inizio faticoso, fischi e pernacchie ma poi successo. E ora cosa risponderebbe ai buu dell'anno scorso? «Venite a vedermi dal vivo, così capite come sono cresciuto». Parola di piccola peste.
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