Al tempo dei Romani, come ai nostri giorni (specialmente a Ferragosto), il concetto di svago durante la villeggiatura era legato al desiderio di fuggire dalla vita caotica dellUrbe e di allontanarsi dallambiente quotidiano, come ricorda Giovenale. Unesigenza ribadita anche da Seneca che sentiva il bisogno di lasciare la «mefitica aria di Roma» e lodore «delle cucine fumanti che quando lavorano a pieno ritmo vomitano, mescolato alla polvere, tutto ciò che esse ingolfano di vapori appestanti». Per cui risultava utile possedere una villa nei dintorni di Roma dove rifugiarsi una volta conclusi gli affari. Ecco nascere la «villa suburbana», generalmente vicino Ostia o nei pressi di Tivoli, oppure sui Colli Albani, dove i resti di ville romane private costituiscono un ampio tema monumentale. Il fenomeno, che dalletà repubblicana vide preferire queste zone ad altre vicine a Roma, fu dovuto allincantevole paesaggio, alla salubrità del clima, ma anche al tentativo di incentivare lagricoltura quale ritorno alla natura.
Un contributo notevole fu dato anche dal cambiamento dei gusti, degli indirizzi filosofici e dal manifestarsi di nuove esigenze spirituali ed intellettuali. Catone, che nel Tuscolano aveva la sua villa, scrisse addirittura un trattato. Il «De re rustica», in cui esprime lamore per la terra convinto che da essa derivi non soltanto la salute fisica, ma soprattutto quella morale. Famosa e preferita alle altre di sua proprietà, era la villa di Cicerone sui Colli Albani dove scrisse gran parte delle Lettere e le principali opere filosofiche, una delle quali è intitolata appunto «Tusculanae disputationes», convinto che nella villa il cittadino romano potesse realizzarsi intellettualmente sublimando la propria individualità.
In breve tempo alle ville rustiche subentrarono costruzioni lussuose, concepite per un piacere distensivo, l«otium», la cui posizione doveva rispondere a criteri ben definiti, quali le bellezze del luogo e la salubrità del clima. Per il sorgere delle ville sui Colli Albani non fu secondario il desiderio di ostentazione del lusso, della ricchezza: il tribuno Milone volle la sua villa nellarea dellodierna Castel Gandolfo, dove venne realizzata anche limmensa e splendida villa di Domiziano. Il romano, agiato e colto, aveva quasi sempre nella sua residenza estiva una biblioteca, che divenne un lusso obbligatorio in ogni «villa dotium». Lesempio fu dato da Lucullo che aprì al pubblico la biblioteca della sua villa dal Tusculo. Quando aveva il tempo libero ed era perciò «otiosus», il cittadino dellUrbe amava incontrare gli amici e abbandonarsi al piacere della conversazione, specialmente su problemi morali, come ricorda Orazio. Fu proprio la «villa dotium» a stimolare la conversazione sotto i portici, i criptoportici, sulle terrazze, lungo i viali, dove le panchine di marmo invitavano gli ospiti a fermarsi per poi proseguire la discussione. Cicerone nelle «Tusculanae disputationes» racconta di dispute nella villa di Crasso o nella sua proprietà tuscolana, che duravano addirittura per giorni interi. Quando non erano presenti gli amici con cui parlare, si dava inizio allo scambio epistolare, spesso destinato alla pubblicazione, come le «Lettere» di Cicerone.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.