IL FESTIVAL DELLA MENZOGNA

La denuncia di Enrico Deaglio sui brogli elettorali del centrodestra era così balorda che anche a sinistra vi sono stati molti distinguo. Se vi andate, però, a rileggere le dichiarazioni di tanti esponenti della maggioranza troverete numerosi esempi di quel festival della calunnia antiberlusconiana che l'Italia vive ormai da quindici anni: forse il più meschino nel coro è stato il portavoce di Romano Prodi, Silvio Sircana che ha pasticciato su sospetti sempre avuti.
Come dice Giuseppe Pisanu, ora i laudatori di Deaglio dovrebbero chiedere scusa. Si può considerare, persino, con riserva l'indagine della procura di Roma sul direttore di Diario per diffusione di notizie atte a turbare l'ordine pubblico, reato troppo simile a quelli di opinione, ma senza dubbio è stato opportuno riportare serenità all'Italia. D'altra parte diverse persone anche di sinistra avevano svelato l'inconsistenza dell'inchiesta deagliesca: Stefano Passigli sul Riformista la smontava pezzo per pezzo. Così Paolo Natale su Europa, prendendo in giro gli autori dello scoop. Gli unici - ricordava Natale - che credessero ancora all'infallibilità degli exit poll. L'esperto del giornale margheritico faceva notare a Deaglio che secondo i criteri scelti per attaccare Silvio Berlusconi - l'eccesso di ripresa elettorale rispetto ai sondaggi - un'inchiesta andasse condotta anche contro Gerhard Schroeder che non aveva rispettato le previsioni di disfatta. Perfetta la Stampa con un commento di Luca Ricolfi che denunciava l'esagitazione insensata dell'inchiesta. Sul Manifesto, alla fine, era montata l'eccitazione antiberlusconiana. Ma nella prima fase, con la testa ancora lucida, i pareri raccolti erano concordi nel parlare di bufala deagliesca: particolarmente piccato quello della responsabile dati elettorali dei Ds, che spiegava come la vigilante Quercia mai avrebbe lasciato passare un trucco come quello imputato al centrodestra
Repubblica, si sa, quando c'è da antiberlusconeggiare, non si tira indietro. Anche se tutto sommato è stata sobria. Stupisce, invece, lo spazio che all'episodio ha dato il Corriere della Sera: il primo a dare la notizia dell'inchiesta, con un robusto titolo d'appoggio. Poi due pagine intere sulla presentazione del dvd pallonaro: con evidenti squilibri pro Deaglio nella distribuzione dei pareri raccolti. E anche nel momento della rotta, si è cercato di proteggere la dissennata iniziativa. Si comprende, in parte, l'intelligenza giornalistica che vede arrivare una notizia con il botto e vuole ben bene sfruttarla. Già, però, quando si è annusato il clima dei commenti, innanzi tutto a sinistra, si poteva cominciare a fare marcia indietro. E in ogni modo, quando il caso era evidentemente sgonfiato, dare una mano a riportare ordine nella discussione sarebbe stato elegante. Si sa, come si è scritto ieri, che in via Solferino si pratica una qualche collaborazione con Deaglio sia per coprirsi sul fronte sinistro, ben presidiato da Repubblica, sia per contare su un tipo capace di colpi di mano contro eventuali «nemici»: l'inventore di truffe elettorali è arrivato a usare contro Massimo D'Alema (particolarmente inviso al Corriere, al tempo della scalata Ricucci) anche il padre Giuseppe.

Pur tenendo conto dei bizantinismi imperanti al Corriere, però, l'elemento politico centrale che anima ancora il diffuso quotidiano milanese è un antiberlusconismo infantile che spinge persino a valorizzare le bufale pur di sostenersi. L'esito della dissennata inchiesta deagliesca dovrebbe proprio offrire l'occasione per un'opportuna riflessione critica su questo atteggiamento di fondo.

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