Sarebbe dovuto tornare in Italia poco prima della fine di luglio dopo un viaggio di circa tre settimane in Togo, in Africa occidentale, per andare a trovare sua madre e la sua famiglia d'origine. Una volta arrivato là, però, ha ben presto capito che l'intenzione era un'altra: e cioè farlo restare per molto più tempo. Con la scusa, apparente, di fargli apprendere la sua cultura d'origine». E con l'intenzione, più pratica, di farlo «curare perché gay».
È la storia, denunciata ai carabinieri della stazione di via Moscova dal padre di una compagna di liceo del ragazzo, che ha 16 anni e che è sempre vissuto in Italia, che si è trovato davanti il quinto dipartimento della procura di Milano, il pool fasce deboli, guidato dalla procuratrice aggiunta Maria Letizia Mannella (nella foto).
Tra i codici rossi e i tanti casi di violenza in famiglia che si ritrovano a trattare i pubblici ministeri milanesi, ci sono anche, infatti, quelli che riguardano famiglie di origine straniera. Anche questo è stato infine inquadrato con l'ipotesi di maltrattamenti: a impedire al ragazzo di fare ritorno in Italia, infatti, il fatto che il papà - ora indagato - gli avrebbe sottratto il passaporto, necessario per poter viaggiare su un volo extra-Ue sul quale avrebbe dovuto imbarcarsi il 23 luglio. Il ragazzo, che vive in Italia e che frequenta un liceo scientifico in città, ha vissuto per un periodo in casa del padre e della nuova compagna dell'uomo, che hanno anche un altro figlio.
La denuncia è partita dal padre di una compagna di scuola del giovane, che si è presentato in caserma alla stazione dei carabinieri ormai una decina di giorni fa. Il 54enne, un imprenditore milanese, ha messo a verbale di essere stato informato della situazione dalla figlia, e di avere parlato personalmente con il ragazzo al telefono. Il 16enne gli avrebbe riferito di essere stato «scaricato dalla famiglia paterna e di essere affidato alla famiglia della madre» che, peraltro, si troverebbe in una «situazione economica precaria». L'uomo ha provato a contattare l'ambasciata italiana in Ghana, che si occupa anche dei casi in Tongo. E ha riferito quindi che «in ambasciata si sono presi in carico del caso e hanno sentito telefonicamente il ragazzo che ha confermato la sua ferma volontà di tornare in italia».
«L'ambasciata - si legge ancora nella denuncia presentata dall'uomo- ha detto che senza passaporto non può fare molto ma si è attivata per trovare un avvocato in Togo che possa assistere il ragazzo e ha assicurato che il visto è una formalità».
Sempre il padre della compagna di classe ha detto ai militari di essersi preso carico della parte economica, avendo mandato denaro alla madre del ragazzo. E ha chiesto un intervento delle autorità temendo «per la sua incolumità: mi ha più volte riferito telefonicamente di volere rientrare in Italia».
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