Due minuti, 14 secondi e 84 centesimi. Tanto (o poco?) è durata l’avventura europea di Alessia Filippi nelle acque di Budapest, 200 metri a dorso di fatica e delusione, tormentata da una borsite alla spalla destra che l’aveva costretta a stravolgere gli allenamenti e a ridurre drasticamente il programma. L’Italnuoto perde così, dopo solo un giorno di gare, il sorriso della «pupona» romana, due ori agli Europei di Eindhoven due anni fa, campionessa mondiale dei 1500 stile, arrivata sull’Isola Margherita più per una scommessa con se stessa che per altro.
«Qualcun altro al mio posto non sarebbe qui», si difende la campionessa azzurra, mascherando con l’orgoglio la delusione di dover salutare subito la città ungherese che quattro anni fa aveva festeggiato la sua esplosione agonistica. «Sul piano sportivo sono la Alessia di sempre. Cattiva e volenterosa - continua cercando di attenuare la delusione -. Venire qui è stata una scommessa, dettata dal fuoco che mi brucia dentro. Potevo tranquillamente stare a casa, stesa sul divano, davanti alla tv. Invece ho scommesso su di me, almeno c’ho provato. Sono serena, ho la coscienza a posto anche se un po’ delusa. Sul piano personale, invece, sono cambiate molte cose. Convivo con il mio ragazzo, ho cominciato ad aprirmi al mondo in maniera diversa, più autonoma, ho preso coscienza di quanto sia forte come donna. È cresciuta la mia autostima: se riuscirò a trasformarla in energia agonistica nel nuoto andrò forte come un treno».
Intanto c’è da sbollire questa delusione, i 200 dorso erano l’unica gara a cui la Filippi era iscritta, e fissare la nuova asticella ai mondiali di Shanghai 2011. Per questo di addii non vuole proprio sentir parlare: qui è solo un arrivederci, ai prossimi impegni. Primo fra tutti il mondiale a Shanghai del 2011. «Altri due anni mi dovete vedere... - sorride la 23enne, consapevole però che quello vissuto in pochi minuti nella vasca ungherese è il momento più basso della sua carriera -; non pensavo di non entrare in semifinale. Ma è come una storia d’amore: non è che si sta insieme solo quando le cose filano lisce e ci si lascia quando ci sono le difficoltà. Non si molla, io sono una tosta».
Fallisce la Filippi, resta ai piedi del podio anche la staffetta 4x100 maschile, lanciata dal capitano Filippo Magnini: ma tolta l’amarezza per un quarto posto a 11 centesimi dalla Svezia (terza) resta una staffetta di prospettiva vivacizzata dai giovani Matteo Orsi (classe ’90) e Luca Leonardi (classe ’91). «Purtroppo non riesco a godermi il mio buon risultato - esordisce il due volte campione del mondo dei 100 -: peccato per non aver preso la medaglia, ci hanno battuto soltanto per un decimo. Era la gara dove puntavo di più, ma questa è una nazionale giovane, siamo stati bravi ma non fortunati. Sulla carta potevamo nuotare un secondo più veloci, sulla carta avevamo la medaglia in tasca, ma non diamo colpe a nessuno: abbiamo un buon futuro davanti».
Inizia così senza medaglie l’avventura dell’Italnuoto in piscina. E inizia anche senza tempi da record il primo europeo del dopo superbody: si è tornati all’antico e anche i cronometri ne risentono.
Basta andare a spulciare i tempi delle finali di ieri per accorgersene: la Russia campione d’Europa nella 4x100 è 4 secondi più lenta del record europeo della Francia stabilito a Pechino. Identico risultato per le donne, dove la Germania ha nuotato 6 secondi più lenta dell’Olanda di un anno fa. Ma questi tempi non devono ingannare: ora vince veramente il più forte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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