Film: Antonio Albanese sindaco sui generis lotta contro la legalità

Sono ormai un genere a sé i film contro Berlusconi. Se tedeschi e presentati in apertura - cioè nella maggiore evidenza - ai Festival di Berlino, si concludono con il suo rapimento o con il suo assassinio

Film: Antonio Albanese  
sindaco sui generis 
lotta contro la legalità

Sono ormai un genere a sé i film contro Berlusconi. Se tedeschi e presentati in apertura - cioè nella maggiore evidenza - ai Festival di Berlino, si concludono con il suo rapimento (Bye, Bye, Berlusconi di Jan Henrik Stahlberg, 2005) o con il suo assassinio (The International di Tom Tykwer, 2009). Se sono italiani (Il caimano di Nanni Moretti, 2006), finiscono con la guerra civile.
Per finire in barzelletta, occorre, come in Qualunquemente di Giulio Manfredonia, che il personaggio non sia proprio Berlusconi ma un derivato: Cetto La Qualunque (Antonio Albanese), che si candida sindaco per evitare che il suo villaggio turistico abusivo sia abbattuto. Poiché nulla nel cinema avviene senza il sostegno della politica, a sostenere il film c’è la Calabria Film Commission…
Personaggio noto a chi guarda le tv, La Qualunque condensa ogni nefandezza, meno l’omicidio (strano questo riguardo, in Calabria si uccide industrialmente), non tanto per affermarsi, ma per seguire la sua natura di cialtrone vitalista, erede dei personaggi di Sordi e Gassman in versione greve.
Neanche i concittadini di Cetto sono migliori di lui; caso mai, sono meno intraprendenti. E anche questo è notevole per un film che deve molto al contribuente calabrese. Ma si può concordare che l’autocritica sia una qualità. Il limite di Qualunquemente è un altro: il ripetersi delle situazioni. Per quasi due ore il personaggio di Albanese viola leggi, regolamento e buon gusto, instancabile. Questo significa che è un cretino, più che un malvagio (talora i malvagi si riposano). È come se Albanese avesse perso il controllo della sua maschera. La rende parodia di una parodia, insomma strafà ed è un peccato, bravo com’è. Come in Sud di Salvatores, si deduce da Qualuquemente non c’è più speranza per il meridione. Il marxismo, che una speranza non la negava a nessuno, è rimosso da questa sinistra convinta della predestinazione, quindi reazionaria e razzista verso gli autoctoni anche se ammantata di xenofilia verso gli immigrati.


Il terrone peggiore nella storia del nostro cinema non è dunque più il siciliano del sardo Tiberio Murgia, ma il calabrese del siciliano di Lecco Antonio Albanese. Lanciato da Italia 1, tv di Berlusconi. E il cerchio si chiude.

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