Una finalina inutile. Tranne per le casse Fifa

Troppe partite, troppo calcio. Lo dicono tutti, dalla Fifa in giù. Poi arriva il mondiale, si gioca, si fatica, si piange, si esulta, si elimina, si arriva alla fina­le e che ti comibinano gli organizza­tori? Rimettono in calendario una partita inutile, dicesi finalina, terzo e quarto posto. Sosteneva, giusta­mente e perfidamente, Enzo Ferra­ri, detto Drake:«Il secondo?E’ il pri­mo degli ultimi». Figuratevi il terzo e i l quarto. Il vicecampione del mondo è un’etichetta che non ser­ve a niente, è stata inventata come forma di consolazione: sai non ho vinto però... Così gli italiani sono quattro volte campioni del mondo e due volte vi­ce e sempre contro il Brasile. Ma il terzo posto di Italia ’90 chi se lo ri­corda? Forse To­tò Schillaci che vinse l’inutile,an­che quella, classi­fica dei marcatori detti anche tirato­ri scelti. Ma non altro. Dunque sa­bato Germania e Uruguay fanno passerella, ripen­sando all’occasio­ne perduta, a quel tiro sbaglia­to, a quella parata decisiva, a quel colpo fortunato (dell’olandese) . Si ritrovano come quarant’anni fa ma allora all’Azte­c­a di città del Mes­sico si contarono centoequattromi­la spettatori, roba da non credere, non dotati di vuvu­zelas ma pronti a tifare per i tede­schi reduci dalla storica, epocale se­mifinale contro l’Italia e gli urugua­gi della Celeste che le avevano pre­se da Pelè e dal Brasile. L’arbitro, in onore nostro, fu Antonio Sardella, un gol soltanto decise la partita, lo realizzo Wolfgang Overath e chi ne ricorda posture e dribbling pensa di averli rivisti in Oezil. Qui siamo nella nostalgia e nel fantacalcio. Dicevo dell’inutilità di questa finale,detta per l’appunto fi­nalina. Non fa storia ma soltanto cronaca, non serve alle due federa­zioni, ai due allenatori ma serve sol­tan­to ad aumentare il denaro incas­sato dagli organizzatori, compresi i diritti televisivi.

I calciatori, già sfini­ti e demoralizzati, proveranno ad onorare l’appuntamento ma i pen­sieri di tutti saranno già rivolti al giorno dopo. Che non sarà un altro giorno, come diceva la Rossella O’Hara, ma il giorno di Spagna-Olanda, quella sì, finale, finalissi­ma, finalona e non finalina.

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