Non c’è giornalista che non si stia scervellando per farsi dire se tra gli esiti della tassa Robin Hood vi sarà qualche tessera, carta sociale per le spese in cibo dei più disagiati. E con che furia del dettaglio si stanno distillando nei 13,1 miliardi della manovra 2009 i tagli agli enti locali e sanità. Maniera legittima di procedere, anzi direi utile per capire il precedente governo ricattato dalla sua varia coalizione, in perenne avanti e indietro di dettagli di spese o tasse. E tuttavia con il nuovo governo dell’economia questo è il procedere più sconsigliabile. E lo dico non per il riserbo al quale sono tenuto in quanto membro del consiglio degli esperti del ministero dell’Economia. Ma perché non sono proprio più i dettagli, a far capire la politica economica del governo. Sarebbe meglio piuttosto leggere ogni misura alla luce del nuovo quadro europeo riferendosi alla crisi globale. Il rispetto di Maastricht non è più una notizia; per la manovra finanziaria è scontato dall’incontro con le parti sociali del 20 maggio. La novità è semmai il mutamento radicale del quadro europeo, e i modi nei quali la politica del governo vi si adegua.
Ma su questo tema l’informazione in Italia è stata purtroppo debolissima. Mercoledì scorso sul Financial Times è apparsa in prima pagina un’intervista epocale della signora Merkel a cui però si è dato in Italia scarso risalto. La cancelliera è arrivata a biasimare la presente standardizzazione dei mercati finanziari uniformata a criteri anglosassoni. E ha reclamato un’agenzia di rating europea che protegga gli interessi di Europa ed euro. I mercati finanziari le sono parsi opachi: «Qualcosa deve cambiare in modo tale che una nazione come la Germania che ancora produce un’enormità di beni industriali non abbia da prendersi i rischi economici». Insomma il più potente governo d’Europa dissente; si chiama fuori dagli interessi dei mercati finanziari anglofoni che hanno creato la crisi bancaria presente e, mal indirizzando gli investimenti, la penuria di petrolio. Notizia enorme che conferma un ordine del giorno europeo ormai diverso; dunque una nuova politica economica a cui deve tendere l’Italia. Infatti che abbiamo letto ieri, tre giorni dopo, sui giornali? Che il ministro Tremonti ha discusso col direttore del fondo monetario Strauss Kahn di aumentare i margini sui contratti derivati sul petrolio. Ovvero elevare la percentuale depositata subito a fronte di quegli acquisti a termine che stanno gonfiando ancor più i prezzi.
Insomma lo scenario di questo anticipo di Finanziaria non sono le percentuali per rispettare Maastricht, ma quelle per imbrigliare la speculazione, nella crisi globale di banche e petrolio. Ed ecco come le singole misure di cui danno notizia i giornali potrebbero allora comporsi tra loro. Modifica delle accise per i pescatori, Robin tax, aliquota secca al 20% sugli affitti, abolizione del cumulo tra pensioni e lavoro, quant’altro: maniere possibili di una politica economica «non mercatista», che fa sue le intenzioni più sane, ma sempre mal incarnate, dalla sinistra. Il ministro Sacconi si accorda del resto pure lui a questo disegno, quando propone partecipazione agli utili dei lavoratori, revisione dell’associazione in partecipazione, esperimenti di sussidiarietà coi sindacati. Insomma mi pare si stia tendendo a una forma nostra di economia sociale di mercato per far fronte alla crisi globale del modello di liberismo anglofono.
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