Firth, Affleck e la Portman hanno già messo le mani sull’Oscar

Los AngelesC’è chi dice che Los Angeles sia una città senza stagioni. Ma in realtà nella città del cinema le stagioni sono dettate dal calendario hollywoodiano. L’inverno porta le opere serie che sperano in un Oscar. In primavera vengono distribuiti i film di cui gli studios hanno un po’ vergogna. L’estate è dedicata ai film d’azione e ai sequel. E l’autunno è il tempo degli horror. Ma la stagione losangelina più tipica è la «Awards Season», la stagione dei premi, un tripudio di feste, vestiti da sera, tappeti rossi e statuette dorate che è iniziato l’8 gennaio con l’Awards Gala al Festival di Palm Springs, entra nel vivo con i Golden Globes (16 gennaio), passa per il Festival Los Angeles Italia (dal 20 al 26 febbraio con rassegne su Rossellini, Visconti, i fratelli Taviani, Bellocchio, Germi e Magni) e culmina con gli Oscar (27 febbraio). Senza dimenticare gli Screen Actors Guild Awards, i premi del sindacato degli attori; gli Spirit Awards, i riconoscimenti del cinema indipendente; e persino i Razzies, che onorano i film e le interpretazioni più brutte.
Negli ultimi anni il ciak ufficiale della stagione dei premi viene dato a 200 chilometri a est di Los Angeles, a Palm Springs, con l’Awards Gala, una serata non competitiva che onora alcuni dei cineasti che più si sono distinti l’anno precedente. Gli organizzatori del festival di Palm Springs hanno infatti ottimo fiuto nel riconoscere molti dei nomi che finiranno per vincere Golden Globes e Oscar, prima ancora che vengano annunciate le nomination per questi premi. I festeggiati quest’anno sono stati Colin Firth per The King’s Speech, Natalie Portman per Black Swan, Javier Bardem per Biutiful, Carey Mulligan per Never Let Me Go e Wall Street: Money Never Sleeps, Jennifer Lawrence per Winter’s Bone, i registi Danny Boyle, David O. Russell e Ben Affleck per 127 Hours, The Fighter e The Town, e il cast di The Social Network: Jesse Eisenberg, Andrew Garfield, Armie Hammer e Rooney Mara. La paroliera Diane Warren e Robert Duvall, a cui è stata tributata l’unica standing ovation della serata, hanno invece ricevuto premi alla carriera. E a conferma del fatto che Palm Springs è diventata una delle tappe obbligate del circuito promozionale hollywoodiano pre-Oscar, per consegnare i premi a colleghi ed amici si sono scomodati grossi nomi come Helen Mirren, Jake Gyllenhaal, James Franco, Amy Adams, Mark Wahlberg, Amy Ryan, Aaron Eckhardt, Oliver Stone, David Fincher e Taylor Hackford. Su tutti i protagonisti è caduta la classica pioggia di elogi, ma se dobbiamo dar retta alla prova dell’applauso, il grande favorito nelle prossime settimane dovrebbe essere Colin Firth, il re Giorgio VI di The King’s Speech. Premi speciali verranno inoltre attribuiti separatamente nei prossimi giorni a Michael Douglas e Mark Wahlberg.
Il festival di Palm Springs, fondato nel 1990 anni fa dall’allora sindaco Sonny Bono (l’ex marito di Cher), si è ritagliato un suo spazio nel circuito dei festival americani anche perché si è specializzato nel presentare la maggioranza dei film stranieri candidati agli Oscar, una mossa intelligente in un paese in cui nelle sale vengono distribuiti pochissimi film stranieri. Paolo Virzì e Micaela Ramazzotti hanno presentato il loro La prima cosa bella, candidato italiano agli Academy Awards.

Presenti a Palm Springs anche Edoardo Leo e Marco Bonini, protagonisti di Diciotto anni dopo, di cui Leo ha curato anche la regia. Per l’Italia verranno inoltre proiettati Mine vaganti di Ferzan Ozpetek, La doppia ora di Giuseppe Capotondi, Le quattro volte di Michelangelo Frammartino, e L’uomo che verrà di Giorgio Diritti.

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