Formigoni: "I leghisti sbagliano: sì all'alleanza con l'Udc"

Il governatore lombardo: "La mia posizione è che l’allarga­mento del governo è nelle mani del presidente del Consiglio. Ci penserà Berlusconi, dialogando con Bossi. Se poi vuole il mio parere, io lo farei: allar­gherei all’Udc"

Presidente Formigoni, è lei il secondo gallo che fa chicchirichì nel pollaio della Conferenza delle Regioni? La metafora è del mini­stro Calderoli.
«È evidente che Calderoli sta parlan­do della guerra all’interno della Lega dove, come sappiamo, non è che tutti apprezzino moltissimo le scelte che lui ha fatto».
Si riferisce al caso Brancher o an­che ad altro?
«Non voglio approfondire, non so­no un tipo polemico».
A che cosa sono dovute queste ten­sioni con la Lega?
«Non succede niente con la Lega, anzi, ho visto le dichiarazioni di Bossi sul miliardo offerto alle Regioni e le reputo un’apertura, anche se ai tavoli non ce ne hanno mai parlato. Se viene confermato un miliardo a disposizio­ne delle Regioni, siamo pronti a chiu­dere domani».
Bossi in queste ore attira l’attenzio­ne soprattutto per il no all’Udc. Lei che ne pensa?
«La mia posizione è che l’allarga­mento del governo è nelle mani del presidente del Consiglio. Ci penserà Berlusconi, dialogando con Bossi. Se poi vuole il mio parere, io lo farei: allar­gherei all’Udc».
La ferita della separazione tra Pdl e Udc si può davvero sanare così fa­cilmente?
«Ripeto che decidere tocca a Berlu­sconi. Io dico che Pdl e Udc sono nel Ppe e le radici ideali sono le stesse. Un accordo lo farei proprio perché si può costruire un percorso comune sulle cose da fare. Nel 2008 siamo stati divi­si, ma la storia passa e i tempi cambia­no: prima, per quindici anni, siamo stati insieme».
Lei sembra più federalista della Le­ga. Non crede che possa essere un motivo di difficoltà con l’Udc?
«Si può ragionare per trovare un ac­cordo, Berlusconi conosce bene il suo mestiere e agirà nei modi e nei tempi che deciderà. Il federalismo è nei no­stri programmi e va fatto a tutti i costi, non va sacrificato. Anzi, questo è il pa­­letto che metterei all’alleanza con l’Udc: il federalismo non si discute».
È in nome del federalismo che gui­da la battaglia sulla manovra?
«Questa battaglia sulla manovra la faccio per difendere i cittadini lombar­di. La Lombardia è la regione virtuosa per eccellenza, abbiamo tutti i para­metri in ordine, sia italiani che euro­pei. Perché dobbiamo rinunciare a un miliardo e 400 milioni di euro? Per questo protesto con i ministri! Dopo tanti discorsi sul federalismo... Tre­monti e Calderoli vogliono spiegar­mi? Loro parlano di virtuosità e fede­ralismo e rispetto dei patti? Come si conciliano queste parole con il fatto che la Regione che bastonano di più è la più virtuosa?».
Il governo dice che sono possibili tagli a spese non necessarie.
«I tagli toccano il trasporto pubbli­co locale, le famiglie bisognose e gli aiuti alle aziende in difficoltà. Questi sono i fondi che tolgono alla Lombar­dia. Sono spese non necessarie? Esse­re virtuosi vuol dire non avere spese comprimibili. Le spese inutili le abbia­mo già eliminate da dieci anni».
Il caso Fini va risolto o le sue sono posizioni di dissenso accettabili?
«Sto con Berlusconi. È chiaro che la cultura nella quale mi riconosco è quella del Pdl, rispetto alla quale Fini fa delle deviazioni. Si può discutere ma Fini è minoranza e deve accettare di essere minoranza. Ha ragione Ber­lusconi: in un partito si vota e la mino­ranza si adegua. Basta questa sempli­ce regoletta».
Le correnti nel Pdl sono un segna­le di democrazia o di confusione?
«In questo momento sono un segna­le di confusione, perché le correnti sembrano essere organizzazioni di potere, mentre invece è giusto che ci sia un dibattito, un pluralismo di idee, ma non di organizzazioni per il potere. Io sono sempre stato per le aree culturali, ma non per le corren­ti».
In verità, dicono da sempre che la sua area è un centro di potere.
«La mia è stata la primissima area a nascere, ma è rimasta tale.

Io organiz­zo scuole di formazione, dibattiti in­torno a temi di governo. Rete Italia funziona così. In ogni caso è Berlusco­ni che ha la sensibilità di dire: “Schiac­ciate sull’acceleratore, schiacciate sul freno”. Adesso dice: “Frenate, fre­nate”. E ha ragione».

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