Roma Mica si può pensare davvero di sminuire il tutto a una questione di trattino: centrodestra o centro e destra. «Siamo vivendo un dramma umano e politico...» confida Franz Turchi. E spiega: «La verità è una sola: Gianfranco Fini la patente di destra non ce l’ha più, l’ha gettata alle ortiche, nonostante tenga a dire il contrario ». Un po’ di amaro in bocca ammette di sentirlo. Non solo perché l’aveva seguito a Fiuggi, imbarcandosi da cofondatore sulla fragile scialuppa di An, accettando l’idea di «lasciare la casa del padre», ma anche perché la famiglia Turchi (prima il senatore Franz, poi il deputato Luigi e ora lui, europarlamentare fino a pochi anni fa) da decenni al timone della destra, tanto da risultare fondatrice del Secolo d’Italia , si sente tradita. Orfana. Ma ben decisa a rimanere a destra. Contrariamente - dice Franz - a quelle che sono le intenzioni di Fini.
In realtà il presidente della Camera ha detto chiaramente che lui a destra c’è e ci rimane. Mi par di capire che lei non ci creda troppo...
«Non ci credo affatto. Perché non bastano le parole: oggi a contare sono i programmi. E quali sono i suoi progetti? Non ne fa cenno. Anzi, i pochi in cui si avventura sanno chiaramente di sinistra: cittadinanza agli immigrati, difesa dei diritti degli omosessuali, contrasti aperti con la Chiesa sulla bioetica. Tutto un patrimonio rispettabilissimo che non si può però certo definire di destra. Ma ancor di più pesa quel che non ha detto... ».
Vale a dire?
«Anticamente la destra si caratterizzava per il trinomio Dio-Patria-Famiglia che evidentemente oggi si è evoluto. Patria, ad esempio, va sostituita, in epoca di globalizzazione, con interesse nazionale. Cosa prevede Fini nel merito? Mistero. Cosa intende fare per la famiglia? Non si sa. E restando in campo economico, cosa pensa del sindacato? Il vecchio Msi era molto attento alla questione, tanto da fondare la Cisnal che poi divenne Ugl. Lui cosa pensa del futuro del sindacato? Lo vede ancora possibile protagonista - i nostri vecchi parlavano di socializzazione che oggi diviene partecipazione - o per lui il mercato è l’unica sponda da inseguire?».
Magari quella di Mirabello non era la sede adatta per approfondire...
«Eppure ha parlato dei problemi dei precari, come se tutti gli altri, a cominciare dal centrodestra, non se ne preoccupassero. Ma un conto è far propaganda, altro è porre sul tavolo delle soluzioni. Lui che intende fare a riguardo nella scuola e nella ricerca, ad esempio? Noi, centrodestra, crediamo sia ormai necessaria una selezione rigorosa nei percorsi come stanno cercando di fare Tremonti e Gelmini. Andare verso una scuola e una università del merito, privatizzandole magari e perseguendo l’idea dei contributi privati da defiscalizzare. Lui cosa vuole in materia? Quali sono i suoi progetti? Facile sostenere che l’attuale centrodestra sia vecchio e loro il futuro e l’innovazione. Ma bisogna intendersi: quale futuro e quale innovazione? Proprio il discorso di Fini mi sembra vecchio: quello dei vecchi partiti laici, Pri e Pli in primo luogo e dei liberali europei a Strasburgo. Un discorso laico, attento ai poteri forti, senza più cenni alle istanze di destra nel suo vocabolario. Pieno rispetto per le sue scelte, sia chiaro. Ma non ci venga più a dire che resta uomo di destra. Non è più così. Non è più credibile».
Eppure proprio a Mirabello Fini ha ipotizzato un patto di legislatura col centrodestra, facendo capire di sentirsi parte della famiglia. Lei, Turchi, non ci crede?
«È che non credo che si possa avere il piede in due scarpe. Come si fa ad avere posizioni vicine a quelle dei socialisti europei e a ipotizzare un lungo accordo con una destra italiana che da Cavour a Berlusconi ha ben chiare non solo le sue matrici ma le proprie direttrici di marcia? Come si fa a far finta di niente quando il suo Secolo arriva a citare Togliatti come punto di riferimento? Tempo fa parlavo con Giulio Andreotti che mi rivelò di esser stato messo in angolo dalla Dc quando decise di rimanere fedele a De Gasperi contro un partito che i fanfaniani spostavano a sinistra. Mi ha detto che quel che occorre in questo paese è “coerenza”. Io credo di averla, come i colonnelli ma anche i tanti soldati che Fini ha abbandonato al loro destino. Non mi pare l’abbia invece lui, che non esita un secondo a mettersi di traverso pretendendo non solo spazio ma anche l’idea di essere il depositario del verbo della destra».
Per cui...
«...questo Futuro e Libertà non è casa nostra. Non c’entra nulla con la destra moderata italiana, ha paletti di confine incerti e confusi. Non ha programmi chiari e convincenti, e si muove come se avesse cambiato bandiera.
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