"Fumare è un diritto..." La Spagna contro Rajoy

L'ultimo tabù della democrazia: tabacco vietato ai leader. Il premier non si accoda ai potenti che rinnegano la sigaretta. E le bionde diventano un caso politico

"Fumare è un diritto..." La Spagna contro Rajoy

Sulle sigarette, il grigio Rajoy ha avuto un sussulto. Una botta di coraggio. Etichettato senza appello dal primo giorno della sua discesa in campo, Rajoy è stato eletto perché incarna l’idea dell’uomo normale, di Pontevedera, Galizia. Dunque di provincia. Eppure, Mariano ha mostrato audacia. Subito dopo la vittoria, una sua frase dall’aria sibillina ha riacceso speranze di vecchi tabagisti e attirato le più feroci critiche dei salutisti. «Si potrebbe ripensare - ha azzardato- ad una formula per i fumatori che si vedono vietare ogni luogo pubblico». Mai nessun altro politico aveva mai osato tanto. Da anni ormai il fumo è diventato un tema scomodo da trattare. Dopo le campagne anti fumo, difficile ormai sottovalutare le malattie che ne derivano. Per i politici l’atteggiamento nei confronti del fumo è diventata una questione di opportunità. Sanno che l’esempio fa molto. Evitano accuratamente di mostrarsi in pubblico con una sigaretta in mano, e se pizzicati svicolano sull’argomento. Improponibile difendere i fumatori. Ormai politicamente scorretto. Impopolare. Rajoy se ne frega. Parla da fumatore. Ha mostrato un volto sconosciuto, onesto e anticonformista. Leader di un ritrovato pensiero liberale, impegnato nella lotta contro la discriminazione del fumatore, Rajoy ha fatto breccia. Ha stupito e commosso vecchi tabagisti dimenticati agli angoli dei ristoranti. «Io credo che le soluzioni estreme non vadano bene. So che la maggior parte della gente è contraria a questa legge che proibisce di fumare in ogni luogo pubblico». Coraggio da leoni in tempi salutisti.

Il fuoco delle polemiche è arrivato da entrambi gli schieramenti. Anche il suo partito ha preso le distanze da tali dichiarazioni avventate. «Il governo- si è affrettato a dichiarare un portavoce del ministero della Sanità- non farà nessun passo indietro sulla legge anti tabacco del 2005». Mariano Rajoy è solo.
Anche il presidente degli Stati Uniti Obama sa quanto può essere dannoso fumare, specie se davanti alle telecamere. Nel 2009 è stato l’unico fumatore confesso nella processione di personaggi che anelano alla Casa Bianca - ha dovuto promettere di buttare le sigarette nella spazzatura della storia della repubblica americana, fondata proprio da un uomo che aveva fatto fortuna coltivando tabacco, George Washington. Ma il fumo, oltre che alla salute, oggi nuoce gravemente all’immagine pubblica. E la sua è sempre stata quella del perfetto salutista che agli hamburger preferisce le insalate, al gelato la frutta, al vino il te verde. E poi quell’imperdonabile, stonatissima debolezza per le sigarette.

Ufficialmente ha smesso, come già aveva promesso prima della campagna elettorale a moglie e figlia. Poi un gola profonda democratica aveva smentito: «Quando è molto nervoso non si trattiene, si strappa il cerotto cutaneo che aiuta a vincere la dipendenza da nicotina e si accende una sigaretta, talvolta due, quando è furioso tre». Pettegolezzo da non sottovalutare in un Paese che contro il fumo si impegna da anni in una vera crociata.

Oggi avere un presidente fumatore non è ammissibile. Neppure l’opzione di accendere una cicca di nascosto, come Clinton che usciva di notte sulla balconata interna della Casa Bianca quando la moglie non c’era per accendersi un sigaro, o come si dice faccia tuttora Laura Bush, con le sue sigarettine sottili da signora, è più disponibile. Un Presidente che emana puzza di fumo è imperdonabile. Per questo i suoi consiglieri lo hanno spinto a fare uno spot contro il fumo.

«Affinché il popolo americano viva più a lungo e più felice». L’ultimo fumatore ufficiale di sigarette nello Studio Ovale, è stato Dwight Ike Eisenhower, che morì a 79 anni senza avere mai rinunciato alle Lucky Strike. Rajoy lotta da solo.

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