Fuori dalla galera anche i terroristi islamici

Marianna Bartoccelli

da Roma

Al ministero degli Interni tentano di minimizzare. Sostengono che non si tratta di un’allarme ma di un «normale controllo necessario dopo l’indulto». Ma la circolare del capo della Polizia, Gianni De Gennaro, che invita le questure d’Italia a monitorare gli immigrati che usciranno dal carcere prima del previsto dopo la legge approvata dal Parlamento, preoccupa non poco il Viminale. Il quale fa sua la circolare di De Gennaro e rivolge la stessa raccomandazione alle prefetture. Si tratta di un centinaio di persone, non di più, dicono alla sede del ministero dell’Interno. Ma di sicuro c’è che sono almeno un centinaio gli immigrati che sono stati condannati per falsificazione di documenti, favoreggiamento di immigrazione clandestina, e che secondo le accuse dei procuratori e secondo le indagini di polizia, erano in realtà dei terminali delle associazioni terroristiche dell’estremismo islamico. Fiancheggiatori di cellule. Non essendo stati condannati per terrorismo, adesso andranno fuori dal carcere e il capo delle Polizia ha subito disposto che, quelli che rimangono in Italia, non vengano persi di vista.
Non è facile sapere quanti sono e soprattutto per quali reati sono stati spediti in prigione i sospettati di terrorismo. Ma si sa che l’anno scorso, con l’operazione Tazir, almeno 90 marocchini sono finiti in galera con l’accusa di traffico di essere umani (reato escluso dall’indulto), ma che sono molti di più quelli finiti dentro per avere organizzato veri e propri centri di produzione di permessi falsi (500 sono stati sequestrati lo scorso novembre). E chi è dentro per questo reato può rientrare nelle misure di indulto. È successo a Yossef Abdoui e Mohamedd Loubiri, due nordafricani condannati in appello lo scorso settembre a quattro anni e un mese per associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e alla ricettazione di documenti falsi. Condannati in primo grado per associazione con finalità di terrorismo, in appello invece i giudici hanno escluso nel dispositivo della sentenza la sussistenza di contatti degli imputati con il terrorismo islamico. Visto che nessuno dei due ha presentato ricorso in Cassazione, sono rimasti in galera definitivamente. Sarebbero usciti tra un mese, ma con la legge sull’indulto hanno anticipato la libertà. Adesso sono destinati all’espulsione, visto che le pene accessorie sono rimaste valide. A febbraio del 2005 invece è stato arrestato a Napoli l’estremista islamico di origine algerina Arioua Abdelmajid. Era accusato di essere rientrato clandestinamente in Italia dopo l’espulsione. L’uomo era stato arrestato nell’ottobre del 2003 dalla Digos di Frosinone in esecuzione di un ordine di fermo dell’autorità giudiziaria di Cassino per i reati di agevolazione dell'immigrazione clandestina, contraffazione e ricettazione di documenti falsi, in concorso con altri. Nessuna imputazione di terrorismo, mentre per il Sismi si trattava di «un estremista islamico». È questo il dato che più preoccupa il Viminale. Sono molti gli immigrati accusati di rapporti border line con il terrorismo islamico ma che alla fine sono stati condannati per i reati di agevolazione all’immigrazione clandestina e ricettazione di documenti falsi. Su di questi è puntata adesso l’attenzione del Ministero, che ha già ha dato seguito alla «preoccupazione» del capo della Polizia.
Verranno confrontati i nomi di quanti escono dal carcere con i dati raccolti dal Sismi e dal Sisde che solo lo scorso anno hanno visto raddoppiare le segnalazioni messe a punto dal Comitato di analisi strategica antiterrorismo.

In particolare le indagini del Sisde hanno evidenziato il ruolo centrale per diffondere l’ideologia terrorista di una serie di esercizi commerciali, come i Phone center, le macellerie halal, e altri luoghi di ritrovo diversi dalle moschee. In questi posti le forze di polizia hanno spesso arrestato personaggi sospettati, ma i processi si sono conclusi con la condanna per reati fuori dal terrorismo. È su questi che De Gennaro punta l’obiettivo.

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