Fuori pericolo i militari feriti «Gli attacchi aumenteranno»

Il caporalmaggiore Luca Daga è stato operato con successo ma rimane in prognosi riservata. I terroristi volevano essere sicuri di colpire: lungo la strada dell’attentato c’erano altri ordigni pronti a esplodere

Fausto Biloslavo

I feriti più gravi dell’attentato contro i soldati italiani in Irak sono stati operati e dovrebbero essere fuori pericolo, anche se la prognosi è ancora riservata. Gli attentati, invece, potrebbero aumentare per dimostrare che anche la provincia di Dhi Qar, da dove i nostri 2600 soldati si ritireranno, è nel marasma, come altre zone del Paese.
Dei quattro fanti del 152° Reggimento Sassari rimasti feriti a bordo del mezzo investito lunedì sera dall’esplosione di un ordigno, il caporalmaggiore Luca Daga era il più grave e nella notte è stato operato all’ospedale da campo italiano di Camp Mittica, la base del nostro contingente vicino ad An Nassirya. Il maggiore Marco Mele, portavoce del contingente, ha confermato «che l’intervento è perfettamente riuscito. Daga ha subito una grave lesione oculare e ferite multiple da schegge». Il caporalmaggiore è in prognosi riservata e per il momento non sarà possibile evacuarlo in Italia. Un altro ferito grave, ma che non sarebbe in pericolo di vita, è il tenente Manuel Pilia, probabilmente il capo scorta. Una scheggia si è conficcata nella gola ed i medici non escludono di operarlo per estrarla. Il caporalmaggiore Yari Contu ha ferite provocate da schegge all'emitorace sinistro e agli arti. Il meno grave è il caporalmaggiore scelto Fulvio Concas rimasto ferito, sempre da schegge, al volto.
Il presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha riferito alla Camera «che è stata rinvenuta la presenza di una serie di ordigni posizionati lungo la carreggiata, che lascia supporre un ulteriore perfezionamento delle tecniche offensive fino a ora utilizzate». Quindi non solo la trappola esplosiva che ha investito il primo mezzo di scorta, ma una minaccia più incisiva che attendeva al varco il lungo convoglio logistico inglese proveniente dalla vicina provincia di Maysan. Si trattava di ben 26 mezzi militari e 36 autoarticolati civili suddivisi in due tronconi, che erano stati presi in consegna dalla scorta della Task force Alfa al limite nord della nostra area di competenza. Gli inglesi, diretti a Tallil, stanno da un po’ di tempo utilizzando questo percorso più lungo, ma considerato sicuro, per raggiungere Bassora. L’ordigno è esploso alle 19.35 a circa 100 chilometri dalla base di Tallil, dove è acquartierato il contingente italiano. «La scelta di viaggiare di notte, agli orari più incredibili, è una misura precauzionale», ha spiegato il maggiore Mele. Secondo una fonte del Giornale «c’è da aspettarsi un aumento degli attentati fino a quando gli italiani non se ne andranno». La strategia della tensione non sarebbe puntata ad accelerare il ritiro del contingente, bensì a lanciare un segnale ai soldati romeni, che resteranno, e a chi dovrà venirli ad appoggiare, americani o britannici.
Nella provincia di Dhi Qar, come in altre zone del paese, è in atto un braccio di ferro intestino fra le milizie della brigata Badr, del partito Sciri, e l’Esercito del Mahdi, il braccio armato di Moqtada Al Sadr, il piccolo Khomeini iracheno. I motivi della contesa non sono solo locali, come il controllo del territorio nella provincia. A livello nazionale il leader dello Sciri, Abd al-Aziz al Hakim, e Sadr già si contendono la futura eredità politico-religiosa del grande ayatollah Alì al Sistani, guida spirituale degli sciiti iracheni, che oramai è vecchio e malato.
La lotta sotterranea fra i due schieramenti ogni tanto emerge clamorosamente come la minaccia, ieri, di dimissioni del premier iracheno Nuri Al Maliki. Quest’ultimo voleva nominare come ministro degli Interni Faruq al-Aaraji, vicino alla corrente di Sadr, ma Al Hakim si è opposto con veemenza.

Non a caso il portavoce del governatore della provincia di Dhi Qar, Haydar Radi, ha condannato l’attentato parlando di «attacco non giustificato, visti gli sforzi spesi dalle forze italiane in questi tre anni di attività nella provincia». Il governatore è dello Sciri e tutti i progetti di ricostruzione passano sul suo tavolo, fornendo a lui e al partito, un importante potere sul territorio.

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