Chi ha paura del voto? Tutti gli antiberlusconiani. Qualcosa a quanto pare sta cambiando. Fini sembrava a un passo dal suo traguardo, abbattere il Cav, ma ha voluto stravincere e ora appare in grossa difficoltà. Il suo partito è tormentato dai dubbi. I moderati non si riconoscono nelle fughe in avanti di Bocchino, Briguglio e Granata. Quando sentono parlare di accordi con Vendola si chiedono dove cavolo sono capitati. Lo stesso Fini comincia ad avere il braccino corto. L’ultimo videomessaggio alla nazione, che mostra una smania alla Bin Laden, è un concentrato di aria fritta. L’unica cosa che si capisce è che ci tiene molto a far sapere che lui è ancora di destra. Per il resto non affonda e sembra timoroso per tutto ciò che potrebbe esserci dopo la sfiducia. Non è più sicuro dei passi da fare e rallenta la sua marcia.
Forse, visto che c’è la crisi economica, potrebbe anche fare un gesto responsabile. Forse. Ma come cominciano a dire perfino i suoi: Gianfranco ha paura. Il Cavaliere lo spiazza sempre. Sembrava finito e invece è tornato con la voglia di rimescolare tutte le carte. Il primo passo è il restyling del Pdl. È stanco del nome. È infastidito dai ricordi che gli evoca. Ci sente sopra ancora l’odore di Fini. Potrebbe cambiare ogni cosa: simbolo e parole. Ma la voglia di resettare e ricominciare da capo non è solo formale. Vuole anche nuovi uomini, nuove idee, nuova forza. Lo affascina il movimento americano del Tea party e sogna di poter tornare a combattere a modo suo. Il politichese di tanti che lo circondano gli è ormai indigesto.
Questo attivismo sta già limitando lo spazio di azione del suo ex alleato. Fini indietreggia verso l’angolo. Poi c’è la Lega. La stagione della mediazione è finita. Ha chiarito che non accetterà un altro premier che non sia Silvio Berlusconi e se il destino è andare al voto è pronta per la campagna elettorale. E qui ritorniamo al punto di partenza: chi ha paura del voto? È chiaro che qualcosa nella strategia di Fini e compagni non ha funzionato. L’assalto finale non sta andando come speravano. Soprattutto si sentono con le spalle scoperte. È strano. Sono così convinti di avere ragione che ogni volta si dimenticano di chiedere, o almeno sondare, cosa pensano gli italiani dei loro giochetti. I «futuristi » per esempio esistono solo sulla carta. Sono convinti di essere la destra di domani, ma per ora non c’è nessuno che abbia certificato con il voto la loro forza. I primi indizi dicono che è poca roba.
Quelli che stavano già cantando il de profundis politico a Berlusconi sono rimasti con le note in gola. Lo scacco al re dei giorni coreani, quando il premier era all’estero per il G8 e i suoi avversari si affannavano a paralizzarlo, non appare più così scontato. Agli avversari del Cav manca la mossa finale. Il motivo è semplice: hanno una paura tremenda di andare al voto. Il risultato è che il governo resta in carica perché nessuno ha il coraggio di farlo cadere. Napolitano si rifiuta di firmare garanzie sul governo tecnico. Non vuole ribaltoni paradossali del tipo: «Governa chi ha perso». L’altro giorno ha invitato Fini a non far saltare la maggioranza durante la Finanziaria. Il risultato è che davanti al rischio elezioni tutti indietreggiano.
Il sentimento che ora si percepisce tra gli anti berlusconiani è la paura. Anche perché cominciano ad avere più di un sospetto che gli italiani sono tuttora scettici sulle loro scelte politiche. L’ultimo sondaggio di Euromedia non rispecchia le speranze di Bersani, Fini o Casini. Il Pdl male che va resta sopra 29 per cento. La Lega potrebbe toccare il 14%. Ma la cosa più interessante è vedere che l’opposizione che parla e straparla vivacchia senza grandi entusiasmi. Il Pd scivola verso il 24 per cento.
Di Pietro e Casini crescono ma non fanno sfracelli. L’urlo di Vendola continua a essere afono (3-5 per cento), Grillo, Rutelli e rifondaroli vari restano marginali. E Fini? Se gli va bene becca il 6. Meno dell’Udc. Capite perché Gianfranco ha paura del voto?
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