I l Duemila è già passato: venne una notte di plenilunio e poi se ne andò via. Era il 21 luglio 1969 e l'umanità si sentì di colpo nel mitico Duemila. Mi ricordo che cosa fu quella notte di mezza estate, la sveglia, l'incantesimo in tv, il futuro trasmesso in bianco e nero. Mi ricordo il piede di Neil Armstrong che toccò la Luna e tutti ci sentimmo uno strano formicolio sotto i piedi come se l'avessimo toccata noi. Fu la prima e unica volta che mi sentii patriota dell'umanità. Ricordo gli occhi sgranati di Tito Stagno dietro quelle strane lenti d'ingrandimento in forma di occhiali, i commenti su scienza, fede e umanità del dolce scienziato Enrico Medi, le discussioni pedanti se parlare di atterraggio o di allunaggio. Ricordo l'euforia e un poco lo sgomento, poi l'orrore degli apocalittici come Giulio Ceronetti che scrisse un libro in difesa della Luna. E la nuova retorica scientista ironizzava sulla vecchia retorica romantica del chiaro di luna. Ricordo pure gli scettici che mai credettero a quello sbarco, sostenendo che si trattò di una messinscena negli studi della Nasa. Forse avevano ragione loro. La Luna dei licantropi e degli innamorati, di Leopardi e di Mina, la pallida luna d'argento delle canzoni, era stata calpestata e violata dall'uomo. Aveva vinto Marinetti contro il chiaro di luna. Futurismo applicato.
Ricordo quella bandiera a stelle e strisce piantata sul suolo lunare, quella bandiera immota che si manteneva curiosamente dispiegata e che sembrava, con tutto quel firmamento di stelle, rappresentare il cosmo più che una nazione. L'America era il Duemila, l'anticamera dello spazio siderale: sulla Luna il comunismo non passerà, Gagarin è un arnese superato. Il piede di Armstrong e poi di Aldrin, divenne più famoso di quello di Pelè e Sivori, il che è tutto dire. Tutto diventava improvvisamente più piccolo sulla Terra: la contestazione, la tratta ferroviaria Milano-Bari Gino Bramieri (che allora pure pesava 120 chili). Eravamo entrati nel Duemila. I giornali dell'epoca narravano di schiere di coloni che avrebbero abitato la Luna portandosi dalla Terra l'aria, l'acqua e il canarino. Il capo della Nasa Thomas Paine precisava addirittura che tra il 1982 e il 1985 l'uomo avrebbe lasciato questo Paese vecchio e sdrucito per andarsene su Marte. Le agenzie di viaggio, riferivano i giornali, avevano già 25mila prenotazioni per escursioni sulla Luna e nelle scuole americane già si parlava di inserire elementi di navigazione spaziale fin dall'asilo; nei nostri anni Novanta la patente astronautica sarebbe diventata quasi d'obbligo.
Invece oggi la Luna è tornata preda di licantropi, languidi, leopardiani. É finita l'epoca eroica della modernità faustiana: oggi siamo in piena epoca affaristica. C'era una volta il Duemila e ora non c'è più. L'aspettavamo affascinati, un poco spaventati, stregati dalla Luna che si fa cosa nostra e delle stelle che diventano stazione di servizio. Ricordo da bambino una canzone: «Nel Duemila noi non mangeremo più gli spaghetti con il ragù, solo pillole...» E invece gli spaghetti vanno forte, il ragù attizza ancora e le pillole servono per il mal di testa e per il ben di sesso. Siamo usciti dal futuro senza recuperare il passato. Viviamo assenti nel presente. E la Luna ci guarda sorniona.
Imbecilli questi umani, penserà lei: sono venuti qui con gran clamore e grandi spese, mi hanno piantato 'sta bandierina, manco fossi il Kosovo, si sono rubati tre pietre e poi si sono messi d'impegno a distruggere il loro pianeta. Il Duemila è già passato inosservato.Giornale, 18 luglio 1999
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