Galan ha ragione: lo Statuto speciale è ormai superato

Paolo Armaroli

Il sassolino scagliato a Lamon rischia di provocare una valanga. A Lamon, paese del Feltrino di poche migliaia di anime, i cittadini si sono pronunciati con un referendum a favore del passaggio del loro Comune alla Regione confinante. Se tutto andrà per il verso giusto, questo Comune passerà dal Veneto al Trentino Alto Adige. Il primo passo, dunque, è stato compiuto. Ora altri, a norma dell'articolo 132 della Costituzione, dovranno seguirne. Infatti occorrerà a tal uopo una legge della Repubblica rinforzata. E questo perché dovranno preventivamente essere sentiti i Consigli regionali interessati.
Il guaio è che questo di Lamon potrebbe non essere un caso isolato. All'insegna partenopea del «Qua nessuno è fesso», visto e considerato che il Trentino Alto Adige naviga nell'oro grazie ai generosi contributi elargiti di riffa o di raffa dallo Stato, diversi altri Comuni del Veneto stanno prendendo in considerazione l'idea di seguirne l'esempio. A dare ascolto agli addetti ai lavori, una quarantina di Comuni nel Bellunese ci stanno rimuginando. E addirittura una «perla» come Cortina non disdegnerebbe di compiere anch'essa il gran passo. Ma il presidente della Regione Veneto, l'azzurro Giancarlo Galan, non ci sta a perdere a uno a uno i suoi gioielli. Ora, non occorre aver letto von Clausewitz per sapere che la miglior difesa è l'attacco. E Galan, come una furia, è partito all'attacco con una provocazione bella e buona.
«Sapete che vi dico?», ha sbraitato a più non posso. «Piuttosto che perdere i miei Comuni uno dopo l'altro, tanto vale che l'intero Veneto passi dall'altra parte e si unisca al Trentino Alto Adige». Intendiamoci, può anche darsi che sia una boutade. Fatto sta che il predetto articolo 132 della Costituzione prevede espressamente tale ipotesi. Ecco che cosa recita il suo primo comma: «Si può con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione di abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse».
La verità è che Galan, buon conoscitore del Vangelo di Matteo, con mossa astuta ha gridato allo scandalo per cavalcarlo al meglio. Infatti il governatore azzurro ha colto al balzo l'occasione per riproporre con forza una questione tutt'altro che oziosa. I padri fondatori della nostra Costituzione concessero a cinque Regioni una autonomia speciale a ragion veduta. Ma sì, per salvare il salvabile. In Sicilia il movimento separatista rischiava di avere partita vinta. Anche in Sardegna non mancavano spinte separatiste. Della Valle d'Aosta il generale de Gaulle avrebbe fatto volentieri un boccone. Il Friuli-Venezia Giulia, infine, allora non era altro che una Regione «fantasma». Grazie ai ghirigori del Trattato di Pace, era una Regione dagli incerti confini. E il Trentino Alto Adige fece la parte del leone. Per venire incontro alle popolazioni di lingua tedesca, non si badò a spese e a garanzie di ogni genere. Con il bel risultato di penalizzare talvolta i cittadini di lingua italiana.
Sta di fatto che quei motivi che spinsero i Costituenti a concedere alle cinque Regioni in questione particolari condizioni e forme di autonomia, non sussistono più ai giorni nostri.

Perciò sarebbe opportuno, come dice chiaro e tondo Galan, rivedere anche a questo riguardo la nostra Legge fondamentale. Infatti non si capisce perché mai debbano circolare a piede libero figli dell'oca bianca senza una plausibile ragione.
paoloarmaroli@tin.it

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