Il gallo nero gigante riappare in Val di Vara

(...) radicata in Val di Vara. Poi più niente. Cambi repentini della Storia che s'ingoia il gallo e ne consegna i resti in ordine sparso, confusi in un trionfo di razze in giro per il mondo. E vallo a rintracciare l'originale. Eppure... Il Centro di Istruzione Professionale Agricola della Confederazione Agricoltori spezzina ci si picca e avvia il progetto di recupero del Gigante per creare una produzione del «Pollo della Val di Vara». Quattro anni di studi e il coinvolgimento di un gruppo di allevatori del Consorzio Valle del Biologico. Giovedì scorso a Varese Ligure la magnifica ossessione italica. Nero come la pece, cresta rosso Valentino, tronfio di penne setose. Sono in tre, simil-spot, a saggiare a zampate la terra. Fuori dall'enoteca Il Gallo Nero a finire la serata sui tavoli della trattoria omonima (ironia della sorte) di Stefania Pezzi, versione nouvelle cuisine. Andreina Traversoni, presidente della CIA spezzina, giovedì sera ci ha dirottato politici e amministratori in quello scampolo di Borgo Rotondo. Ad ascoltare ed assaggiare una storia che attende sviluppi economici. Dal professor Arduin che spulcia la genetica dei galli ruspanti in essere, al selezionatore Luciano Stagnaro. Di buzzo buono sulle tracce del Gigante. Luciano, allevatore di San Pietro Vara, qualcosa nell'avicolo la voleva fare. L'idea del Gallo gli piace. Bella sfida. Un viaggio nel tempo per un esemplare quasi estinto. A recuperare gesti e intuizioni del Frausanna, che ne aveva depositato le caratteristiche. «Parto dalle quattro razze d'origine, le stesse su cui aveva lavorato lui - ti spiega Luciano - Due le trovo a Padova, una a Rovigo e l'altra in Germania». Crea una quindicina di pollai e incrocia gli esemplari su input di Arduin. Fino a quello che più s'avvicina all'originale. Quattro anni di prove e galli e galline. Poi è arrivato lui, possente e ruspante. Che mangia erba e granturco, e dorme sugli alberi. Peccato le zampe. «L'originale le aveva rosa». Luciano abbassa gli occhi, ma ha un guizzo, «mica detto che non ci arriviamo». Passione. Tanta. Che poi alla fine il gusto viene dopo. Zampe per terra. Stato brado per raggiungere i 5-6 chili di peso. Razza pregiata per la carne soda e saporita e uova ogni tre giorni (le consorti, naturalmente). Figurati il successo allora, in tempi di magra e polli da 2-3 chili. Il Gigante spopolò. «Oggi la vedo più difficile» abbozza Luciano. Duecentocinquanta esemplari in tutta Italia. Lui continua a lavorarci per individuare due linee consanguinee da cui prenderà origine il «Pollo della Val di Vara» mentre il marchio del Gigante è gia stato depositato. Oggi te ne vende uno a 5 euro. Vivo. Perché il macello autorizzato più vicino è a Cuneo. Business? Macché: «Qualche soldo lo tiri su se vendi i riproduttori, ma a che pro?». L'occhio ai tre sempre tronfi e lucenti sotto la lanterna. L'odore dei camini sbanda il tempo e fa il miracolo. Che gli amministratori hanno grandi progetti per il Gigante. Varese se lo cresce in seno come trionfo del biologico. Le Comunità Montane Alta, Media e Bassa Val di Vara lo riciclano come simbolo d'una razza autoctona che va recuperata. C'erano proprio tutti, a dispetto della pioggia battente e dei tornanti, a toccare con mano il Gigante. Anche Franco Bonanini, presidente del Parco delle 5 Terre, ci butta l'occhio e promette di sponsorizzarlo in riva al mare. L'assessore regionale all'agricoltura Giancarlo Cassini plaude allo studio per recuperare quella biodiversità e insiste sul binomio turismo e cucina. E chissà che Slow Food non ne faccia un presidio. Poi a ruota, ad omaggiare il Gallo propiziatore di un'alba foriera di passi avanti e strategie comuni. Di rapporti stretti tra mare e terra. Di marchi ancorati al buon tempo antico. Poi il flash d'insieme.

Diavolo d'un Gallo, che in una notte buia e tempestosa ha portato a Varese Ligure i nomi che contano del paesaggio politico-economico-culturale di casa nostra. Anche se la festa poi gliel'hanno fatta sui tavoli fanè del Gallo Nero.

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