Gara noiosa dentro uno show che non spacca

Un supervarietà che incornicia una gara di canzoni. È sempre stato questo il Festival di Sanremo: uno show con una sfilata di cantanti, più o meno bravi...

Un supervarietà che incornicia una gara di canzoni. È sempre stato questo il Festival di Sanremo: uno show con una sfilata di cantanti, più o meno bravi. Ma è difficile negare che l’attesa maggiore sia sempre stata per gli ospiti, comici, star straniere, attori, vallette e gaffe del presentatore di turno. Nella serata di ieri, ancor più varietà del solito. A cominciare dall’esordio con relativo effetto spiazzamento affidato alla lunga esibizione di Luca e Paolo, ex iene a caccia di laurea in satira politica.

Niente di che, Uomini soli dei Pooh che vinse il Festival nel 1990 con il testo rifatto sui comici orfani di Berlusconi: «O signore delle città/ te lo chiedo inginocchiato/ fa che torni quel pelato». Quando Rocco Papaleo arriva sul palco tinta bacio perugina lo spiazzamento diventa spaesamento. S’inceppa pure il sistema di votazione della giuria, alla faccia del nuovo mantra «stiamo tecnici». Con Morandi nella parte del veterano rigoroso, Papaleo dovrebbe portare l’imprevedibilità: vedremo nelle prossime serate. Su una cosa però Papaleo ha ragione, per quasi due ore non si vede una donna che è una.

Per ora la sensazione è di uno show dimesso, un tantino lento e impolverato. Uno show che non punta in alto. Che non spacca, direbbero quelli che parlano moderno. Manca lo smalto, manca l’ambizione. Uno perfetto show ai tempi dell’austerity. La noia domina anche nelle canzoni che sfilano senza impennate, in perfetto stile sanremese.

E non serve nemmeno l’ingresso di Celentano preceduto da sirene, mitragliatori, finti incendi nell’Ariston bombardato a dare la scossa alla serata. L’unica curiosità è capire dove andrà a parare il Molleggiato, che è sempre un bel rebus. Un lungo intermezzo che ha diviso in due lo show, aumentando lo spaesamento.

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