Gattuso stregato da Mourinho «Parla italiano meglio di me»

«Peccato che abbia scelto l’Inter. Ma anche Ancelotti è uno special one. Sento l’adrenalina: con l’Olanda saremo pronti. Toni l’uomo chiave. Europei più difficili del mondiale: non ci sono squadre allegre»

nostro inviato a Baden

Preparate i fuochi d’artificio, c’è Gattuso che parla e spalanca le porte dell’Europeo all’Italia. Rino ci riporta con un sorriso contagioso e un paio di battute fulminanti (rivolto al cameraman Rai: «Mi stai a far venì la scoliosi»; rivolto all’interprete: «È il nostro Nicola Savino») al magico clima del mondiale di Germania senza finzioni né accostamenti arditi. Un velo d’amarezza si riconosce nelle sue prime parole, quel colpo basso ha lasciato il segno. «Siamo dispiaciuti per il nostro capitano, uno importante dentro e fuori dal campo» la premessa che sembra volgere al più cupo pessimismo. E invece sospinge tutti sulla carrozza di una moderata fiducia. Con una premessa che vale quasi una preghiera. «Bisogna invocare fortuna. Ho rivisto in tv le sfide del mondiale in questi giorni. In ciascuna c’è stato il rischio di perdere» riconosce con quel senso radicato nel sano realismo.
Gattuso annuncia la fine della ricreazione e l’inizio del torneo. «Sento l’adrenalina che sale, avverto i primi bruciori di stomaco» segnala prima di chiamare a raccolta il resto della compagnia che nel frattempo si diverte con gli scherzi di Antonio Cassano («Ride e che deve fare: piangere?»). «Io ho il coltello in mezzo ai denti, dobbiamo prepararci a lottare e soffrire, dovremo dare il massimo» racconta mentre non sembra rimpiangere Lippi. «Anzi tra i due, tra lui e Donadoni, c’è più di un’affinità, nel lavoro e nella preparazione delle partite».
Non ci sono Totti e Nesta da queste parti, non c’è neanche Cannavaro, con un tutore alla caviglia sinistra, e questa volta, a nome del club Italia, Gattuso sceglie Luca Toni come il protettore della compagnia azzurra. «È l’unico capace di trasformare una palla sporca in un gol» racconta alla stampa straniera, specie i colleghi tedeschi che ne sono ammirati dopo le imprese col Bayern. A Toni e a Buffon, il portiere paratutto, Gattuso affida le sorti prossime dell’europeo azzurro «più difficile di un mondiale perché ci sono meno nazionali allegre e spensierate, tecnici più preparati e mentalità giuste» spiega didascalico. Senza regalare al portierone la fascia da capitano. «Se gioca Alex tocca a Del Piero» ammette: l’anzianità fa grado anche qui, come nel Milan a proposito di Kakà e laggiù vuole andare a parare...
I suoi giudizi taglienti, qui diventano attestati di benemerenza per un paio di rivali e qualche nuovo arrivo nel calcio italiano. «Ho apprezzato molto il debutto di Mourinho: parla meglio lui l’italiano di me che sono nato in Calabria. Ha dimostrato di avere sotto due cose grandi così. E penso che sia utile per il calcio italiano la sua presenza, peccato che abbia scelto l’Inter» il rimpianto. Mitigato dalla presenza a Milanello di Ancelotti, «a modo suo special one per come vive il gruppo e le tensioni del calcio».
Gattuso annusa l’aria: c’è il rischio, teorico, di perdere il posto. È reduce da una stagione deludente, conosce il valore della concorrenza e allora si fa piccolo piccolo. «De Rossi e Pirlo sono i più forti centrocampisti al mondo con Gerrard» detta. E ancora: «Aquilani è il più promettente di tutti della nuova generazione». Ma non pensiate che stia per farsi da parte.

Scherza con Carla Bruni («faccia il tifo al 50%, ha fatto la pubblicità alla Fiat»), incoraggia tutti, anche Materazzi («A 35 anni sa come gestire la pressione che avrà contro la Francia») e dà appuntamento ai tifosi italiani. «Saremo pronti contro l’Olanda», promette. Lui più degli altri. E chi pensa che Gattuso abbia voglia di abdicare si sintonizzi con Berna, lunedì sera.

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