«Generazione drink», alcolizzati già a 12 anni

Al sabato 4 bicchieri per un giovane su 3. Poi ci sono i «bevitori cronici»

«Generazione drink», alcolizzati già a 12 anni

Italia-Inghilterra: 4 a 4. Dove quattro non sono i gol, ma i «cicchetti» che i teenager del Regno Unito e del Belpaese si fanno ogni sabato sera, senza però disdegnare una consistente dose di alcol giornaliero anche negli altri giorni della settimana. In queste nazioni le prime sbronze arrivano prestissimo: già a 12 anni, due prima rispetto alla media europea che è di 14. Secondo un’inchiesta dell’Independent, la percentuale dei minori che si trovano in cura per problemi legati all'abuso di hot drink è in costante aumento. La diagnosi è sempre la stessa: alcolismo. Cifre record di pre-adolescenti e adolescenti - scrive il giornale - hanno bisogno di trattamenti ospedalieri. Secondo la ricerca esiste un alcolismo-minorile nascosto. Ne sono prova le migliaia di ragazzi ricoverati ogni anno per intossicazioni alcoliche, disturbi al fegato e problemi mentali legati al bere.
Secondo i medici, le cirrosi si manifestano già nei giovanissimi, e c'è bisogno di speciali cliniche di disintossicazione per questo tipo di baby-malati. Secondo i dati, gli adolescenti britannici bevono il doppio di quanto bevevano un decennio fa. Il 50% dei 13enni britannici beve almeno 10 drink alla settimana, quattro dei quali concentrati nel solo sabato sera.
Un medesimo allarme lo lancia in Italia anche la rivista Dimagrire (Edizioni Riza) in edicola oggi. Secondo gli esperti il 26% dei giovani al centro dello studio risponde di bere «sempre» quando si trova in compagnia degli amici e il 47% di farlo spesso; solo il 13% risponde «qualche volta» e appena l'8% dice «mai». Altro dato preoccupante: a molti capita di bere senza aver mangiato abbastanza. E mentre l'età in cui si inizia a bere si abbassa, cresce la propensione all'alcol delle ragazze, il 29% delle quali dice di prediligere cocktail e superalcolici al posto della classica birra o del bicchiere di bianco frizzante. Significativo il campione preso in esame: 1000 giovani, maschi e femmine, di età compresa fra i 15 e i 30 anni. Ma i dati dell’Oms riguardanti l’Italia abbassano ulteriormente questa soglia a rischio, portandola addirittura a 12 anni.
«Quello che è cambiato in modo radicale è la modalità di consumo - spiega Valentino Patussi, presidente della Società italiana di alcologia e membro della Consulta nazionale alcol del ministero della Salute -. L'incontro con l'alcol oggi avviene lontano dalla tavola dei genitori, e quindi non viene inserito all'interno del contesto del classico pranzo delle occasioni o della normale associazione pasto completo e bicchiere di vino. Si beve alle feste, nei locali, all'aperitivo, ormai diventato appuntamento fisso e obbligatorio per iniziare una serata tra amici».
L’ex ministro della Sanità, Girolamo Sirchia, aveva capito che il problema era grosso e - dopo il meritorio provvedimento antisigarette - aveva annunciato una «campagna di sensibilizzazione» sull’abuso degli alcolici. Nel caso di whisky, birra, vino e altre bevande ad alta gradazione non si sarebbe certo potuto proibire alcunché (del resto chi beve non attenta alla salute del prossimo, come accadeva invece con il fumo passivo), ma l’obiettivo era quello di informare, soprattutto i più giovani, che superare una certa soglia di alcol può causare gravissimi danni. Poi Sirchia si dimise e l’iniziativa tramontò ancora prima di sorgere. Ora, con l’attuale ministro Turco, si spera che la linea-Sirchia venga ripresa in considerazione. L’Italia risulta infatti, insieme con l’Inghilterra, il Paese dove l’«iniziazione» all’abuso di alcol è la più precoce. E il fenomeno non riguarda poche centinaia di ragazzini, bensì oltre un milione di baby-alcolisti (un dato che però comprende anche la fascia d’età tra i 14 e i 16 anni): un numero che aumenta di circa 20mila unità all’anno e che si incrementa ulteriormente quando l’età sale dai 18 ai 24 anni.
Secondo il World health report dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), l'alcol provoca direttamente o indirettamente il 10% di tutte le malattie, il 10% dei tumori, il 63% delle cirrosi epatiche, ma anche il 41% degli omicidi e il 45% degli incidenti, il 9% delle invalidità e delle malattie croniche. L'Oms indica inoltre che i costi annuali, sociali e sanitari, sostenuti a causa di problemi collegati all'alcol, sono pari al 2-5% del prodotto interno lordo; la stima elaborata dall'Istituto superiore di sanità (Iss) sul Pil nazionale del 2003 (1.324 miliardi di euro) indica in circa 40 miliardi di euro annui tali costi.

Nell'intera Europa un giovane su quattro tra i 15 e i 29 anni muore a causa dell'alcol che rappresenta, anche in Italia, il primo fattore di rischio di invalidità, mortalità prematura e malattia cronica tra i giovani.
Una realtà sulla quale c’è poco da «brindare».

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