Il cardinale in difesa degli «eroi quotidiani»

(...) Anzi, va dato atto al cardinale di riuscire ad essere sempre più chiaro, man mano che gli anni avanzano. E, se alcuni suoi vecchi parrocchiani di quanto era curato a santa Teresina di Albaro ricordano alcune omelie forse troppo alte per la comprensione di tutti, oggi il linguaggio si è fatto semplicissimo, quasi al grado zero delle parole, come per l'appunto sanno fare solo i grandi intellettuali. Troppo spesso, infatti, dietro frasi roboanti e termini difficili, c'è un pensiero debole, debolissimo o nullo.
Invece, le parole di Bagnasco hanno la bellezza della semplicità. Come quelle stampate sulle 23mila copie della lettera di Natale ai bambini di Genova: «Siate semplici come i pastori e la vostra fede in Dio sia la sorgente della vostra gioia». Soprattutto, con l'invito finale alla «vita vera» che «non si realizza quando si possiede tanto, ma quando si ama molto». Il che, anche in questo caso, non è un precetto religioso, ma un modo di affrontare la vita, un pensiero forte, perfetto contraltare ai filosofi nichilisti. Ma, fin qui, era una lettera ai bambini. La stessa semplicità e bellezza di linguaggio e forza intellettuale Bagnasco l'ha messa nel raccontare i «genovesi eroi», nella sua Omelia a San Lorenzo per la festa dell'Immacolata: «Quanto eroismo circola nelle strade della nostra città. Quanta gente, nel segreto dei giorni, vive dentro la luce di Cristo. Il mondo non lo vede, ma Dio sorride, vede e si fa vicino, vede e asciuga le lacrime segrete di quanti, madri e padri, giovani e anziani, portano la vita quotidiana con dignità e sacrificio, con grande umile eroismo».
Ecco, proprio l'eroismo quotidiano è quello troppo spesso ignorato dalla politica. Che, invece, Bagnasco racconta. Ribadisco per l'ennesima volta, perché credo sia un punto centrale: lo racconta da laico, come se fosse un laico. Non laicista, ovviamente. «Quanto eroismo circola nelle nostre strade, nelle case della nostra città, nel nostro popolo, quanto eroismo nell'umiltà delle coscienze e della vita quotidiana, quanto eroismo».
È quasi un rap dolce quello del cardinale, il riconoscimento degli sforzi di tanti genovesi. La riscoperta dei valori, quelli che hanno fatto grande anche la nostra città: «La fedeltà del matrimonio, l'educazione dei figli, la cura dei malati, propri o di nessuno, il duro e onesto lavoro, il servizio ai poveri che popolano la nostra città, il servizio senza neppure la pretesa di servire sono le meraviglie di Dio, sono come tante fiammelle che risplendono». E anche qui, all'interno di valori che sono chiaramente cattolici, ci sono perle di linguaggio che rendono il tutto ancor più alto dal punto di vista filosofico. Su tutte, quell'inciso: il servizio «senza neppure la pretesa di servire».
Insomma, il «nostro caro Angelo» riesce a parlare per dire, concetto non sempre coincidente. Quasi mai, a Genova.

E, soprattutto, lo ribadisco: nel silenzio, nel lavorio sotterraneo e un po' da prima Repubblica - nel senso più bello che la definizione sa avere - sta affrontando una per una tutte le criticità e le eccellenze economiche e occupazionali della città. Per chi ci crede, l'uomo della Provvidenza.

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