Così Palazzo Ducale ha dimostrato che con la cultura si mangia

(...) si affacciano su piazza Matteotti, c'era un bar non particolarmente pulito, non particolarmente ben frequentato e ricco di slot machine e macchinette varie. Borzani ne ha fatto una battaglia personale, ha aspettato che i contratti e i cavilli legali gli permettessero di risolvere la situazione. E ora, in quegli stessi locali, ci sta sì un bar. Però gestito da Michel, un pasticcere francese, con tanto di erre blesa, che fa degli splendidi croissant e che ha preso il maggior punteggio in una sorta di Michelin delle brioches.
Insomma, persino da uno spuntino, si può vedere la cultura. Così come si può vedere dai piccoli particolari. Martedì pomeriggio, verso le 15,30, che non è propriamente un giorno e un'ora perfetta per andare a visitare una mostra, sia all'interno delle sale di Mirò, sia in quelle che ospitano l'esposizione fotografica di Steve McCurry, e pure nella Loggia degli Abati dove Giorgio Gallione e Guido Fiorato raccontano la loro idea di teatro e di mondo, c'era un discreto pubblico. Un bel pubblico. Non il pienone delle code sulle scale dei week-end o delle mostre kolossal di Goldin. Ma tanti giovani con le audioguide nelle orecchie e il piacere di godersi quadri, foto e sculture. Con due particolari che fanno la differenza, a mio parere: la cappella del Ducale con le sculture di Mirò, che sembrano fatte apposta per stare lì, nonostante siano stilisticamente diversissime dai fregi e dagli ori della sala, e lo splendido allestimento della mostra del fotografo di Philadelphia. Che, con un gioco di luci e di ombre e di «scenografie» con scatole e plexigas, diventa una mostra nella mostra, quasi un'ulteriore esposizione su come si espongono fotografie meravigliose di per sè. Ma così, più belle.
E poi al Ducale - in questa nostra rincorsa alla Bellezza e a una ragione di vita per Genova che è anche una ragione per vivere a Genova e che, secondo me, deve essere veramente il futuro della nostra città, la sua vocazione e il volano per crescere di nuovo - si respira un'aria bellissima perchè, dovunque ti giri, succede qualcosa. Dall'arte contemporanea della sala Dogana ai centrini ricamati come installazioni sulla scalinata di marmo dell'ingresso che dà su piazza Matteotti, alle grandi manifestazioni come La storia in piazza o L'altra metà del libro, con ottime deviazioni come quella alla biblioteca De Amicis al Porto Antico grazie allo straordinario lavoro di Francesco Langella, di cui vi abbiamo parlato ieri. Dalle piccole e grandi mostre fotografiche in bianco e nero, fino alle iniziative un po' estemporanee, il Ducale non dà mai l'impressione di dormire. Anzi, si respira un'aria diametralmente opposta, come se fosse aperto 365 giorni all'anno e ventiquattro ore al giorno. Poi, magari, non è proprio sempre così e ogni tanto il portone si chiude. Ma l'impressione è quella del sempre aperto. E, addirittura, leggendo il programma per l'anno che verrà, questa sensazione sarà ulteriormente rafforzata la prossima estate. L'annuncio è minimalista, con la scritta «agosto 2013» e una foto di seggioline di plastica all'aperto con quattro bambini, uno a torso nudo, seduti in prima fila. Titolo dell'iniziativa: «Cinema d'estate nel Cortile Maggiore».
Oppure, il ciclo sui porti che verrà organizzata in collaborazione con l'Autorità Portuale. O, ancora, le mille iniziative che hanno trasformato il Ducale e la Fondazione Edoardo Garrone in una specie di coppia di fatto. La collaborazione fra Borzani e il tandem costituito dal presidente e mecenate Duccio Garrone e il suo braccio destro Paolo Corradi funziona benissimo e i cicli organizzati in tandem sono l'esempio di come pubblico e privato possano convivere con grandi risultati: si va dal ritorno di «Viaggiar per storie», dedicata ai viaggiatori viaggianti genovesi, a una serie di incontri sul nostro Vivere in rete, dalla collaborazione su Villa Croce e il museo d'arte contemporanea (in cui scende in campo anche Hofima della famiglia Malacalza), al nuovo ciclo sulla religione del corpo, fino al ritorno delle lezioni di filosofia. Per queste ultime, non propriamente una passeggiata di salute, la sala - che è pure grande - è sempre piena, come dimostra anche la fotografia che pubblichiamo in questa pagina. Poi, certo, è logico che Marco Revelli non può piacere a tutti, ma anche arrabbiarsi contribuisce a dire che un'iniziativa funziona. E poi vorrei soffermarmi su un altro ciclo che verrà, fra gennaio e marzo, nato anch'esso dalla corrispondenza di sensi e di sentimenti fra la Fondazione Garrone e la Fondazione per la Cultura di Palazzo Ducale. Si chiama I capolavori raccontati e parla di «storie, segreti e avventure delle più celebri opere d'arte italiane», affidati a testimoni d'eccezione da Settis a Paolucci.


Poi, non tutte le iniziative sono ugualmente belle e non tutte le condivido o mi piacciono, ci mancherebbe. Ma, se continua così, la gestione del Ducale finisce nella prossima puntata dei «Capolavori raccontati».
(2-continua)

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