(...) E cioè significare che Confindustria Genova è ormai al margine del dibattito politico, che la crisi morde tutti e quindi si preferisce pensare alle proprie aziende e quindi non ci si scanna per guidare il palazzo di via San Vincenzo. Addirittura, quando si è trattato di fare alcuni nomi alternativi, i quotidiani hanno sbagliato persone, identificando omonimi al posto dei legittimi pretendenti. Come dire? Non proprio le primissime file.
In tutto questo, due nomi sono usciti su tutti. E sono due nomi ottimi: Beppe Costa, numero uno della Costa Edutainment è colui che ha costruito il «miracolo acquario» e che gestisce benissimo le strutture a lui affidate. Non bastasse, con una piccola quota di banchine, rappresenta i terminalisti in comitato portuale, evitando risse e litigi, da pacificatore qual è. E poi, la sua rinuncia a candidarsi a sindaco di Genova, gli è valsa molti consensi, proprio perché non schierato. In più, se ci mettete il fatto che è una persona gioviale, simpatica e con un carattere gradevole, praticamente senza spigoli, ma pacekeeper per natura, il gioco è fatto. Però, la critica nei confronti di Beppe Costa è che, per l'ennesima volta, dai tempi dell'ultima presidenza di Duccio Garrone non verrebbe rappresentato alla guida di Confindustria Genova il mondo degli industriali manifatturieri, ma solo quelli del terziario o della portualità.
Il principale nome alternativo è altrettanto perfetto come identikit per Confindustria ed è quello di Giuseppe Zampini, amministratore delegato di Ansaldo Energia. Zampini è una persona unanimemente apprezzata, mai sopra le righe, mai coinvolto nelle risse interne a Finmeccanica e, soprattutto, il manager autore del miracolo economico dell'azienda di Campi che è il gioiello pregiato dell'intera holding pubblica. E, persino nella difficilissima partita che aveva portato all'offerta di Siemens e alla complicata alternanza di mosse e contromosse, con la cordata italiana sullo sfondo, si è ritagliato un ruolo perfetto. Certamente ostile alla scalata tedesca, Zampini ha però saputo lavorare dietro le quinte, senza inutili proclami, ma con l'aiuto di sponde prestigiose e bipartisan. Insomma, l'esempio di come dovrebbe essere un manager pubblico. Però, anche in questo caso, c'è un però. Che la sua forza è anche la sua debolezza: è un manager pubblico ed è manager di Ansaldo Energia, con tutto quello che ciò comporta, compreso il fatto che il dossier più pesante che rischia di trovarsi presto sul suo tavolo è proprio quello sull'azienda guidata da lui. Come dire?, potrebbe essere sconveniente. Anche se ci sono casi, come quello di Giuseppe Bono, amministratore delegato di Fincantieri alla guida di Confindustria Gorizia, che hanno dato ottimi risultati anche per l'associazione industriali territoriale.
Insomma, sul tavolo ci sono due ottimi nomi. Ma, proprio per le obiezioni che circondano uno e l'altro e, soprattutto, perché spesso capita che due campioni si elidano spesso a vicenda, potrebbe essere necessario un terzo nome, uno che sparigli le carte. E, stavolta, concordo in pieno con il direttore del Secolo XIX Umberto La Rocca che, colloquiando con Mario Paternostro su Primocanale, ha ipotizzato l'idea che la guida degli industriali possa essere presa da un imprenditore dell'hi-tech. È un mio vecchio pallino e io l'avevo identificato in Carlo Castellano, vecchio folletto che però ha la vis pugnandi di un ragazzino.
Ma, effettivamente, è necessario un salto generazionale anche a livello di industriali. E, guardandomi intorno, mi vengono in mente due giovani che hanno parecchio da insegnare alla generazione dei loro padri e dei loro nonni, da cui hanno preso il meglio disponibile. Uno è Ico Vivado, che insieme a David Corsini gestisce il miracolo del gruppo Telerobot, appena trasferito agli Erzelli e che ha firmato il capolavoro dell'acquisizione dello stabilimento di Battipaglia, in provincia di Salerno, da una multinazionale del calibro di Alcatel. La loro forza è stata quella di aver puntato tutto o quasi sui mercati esteri e così la crisi fa meno male. Metteteci pure che Ico è simpatico, comunicativo, brillante e competente, quasi bulimico del fare, e il gioco è fatto, saprebbe rilanciare Confindustria benissimo. Unico inconveniente: è uno che lavora moltissimo per la sua azienda.
Oppure, ci sarebbe Marco Bucci, uno dei supercapi di Carestream Health (straordinaria realtà che ha trasferito una delle sue sedi mondiali centrali a Genova, su cui torneremo nei prossimi giorni, perché è davvero un racconto che ha moltissimo da insegnare), che sa parlare, crede in Genova e ha un curriculum pesantissimo. Segni particolari e controindicazioni: è talmente importante per la sua azienda che passa quindici giorni al mese negli States.
Sono già due nomi. Ma l'identikit è quello lì. E dovrebbe tener conto di un particolare non da poco: l'hi-tech, contando tutte le sue aziende, è la seconda impresa genovese, anche come posti di lavoro.
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