Fincantieri e l'opportunità di risollevare un'economia

(...) Schettino si fosse clonato, ma proprio tutta la cantieristica italiana. E, se possibile, in Liguria - dove si concentrano ben tre delle sedi di produzione di Fincantieri, oltre alla direzione navi militari e al centro studi d'eccellenza del Cetena - la situazione era ancora peggiore. L'unico che godeva di una relativa calma era il cantiere spezzino del Muggiano, dove la lungimiranza dell'amministratore delegato Giuseppe Bono aveva voluto anche la sede della nuova divisione megayacht, studiata per aggredire il mercato dei Paperoni, senza però danneggiare le imprese italiane che operano nello stesso comparto, rivolgendosi solo a chi chiedeva barche dagli ottanta metri in su.
Il resto erano lacrime e sangue. Prospettive di chiusura per il cantiere di Riva Trigoso a Sestri Levante e anche per quello genovese di via Soliman a Sestri Ponente, un pezzo di storia d'Italia. Insomma, nero che più nero non si poteva. E, le istituzioni, a volte, sembravano travolte esse stesse da questa spirale declinista.
Poi, però. Poi, però, anche grazie all'impegno bipartisan della politica - che non sempre è una parolaccia - qualcosa è successo: ad esempio, la struttura di Riva Trigoso si è trasformata in un'eccellenza delle riparazioni meccaniche e per Sestri Ponente si è aperto uno spiraglio su piattaforme off shore e cassoni per il recupero della Costa Concordia. Non sarà il massimo, ma certamente è già molto rispetto al nulla che sembrava scritto fino a pochi mesi fa.
E poi, in questa situazione, un ruolo importante l'ha avuto proprio Giuseppe Bono, l'amministratore delegato. Che è più basso dei suoi portavoce elegantissimi e alti, da Antonio Autorino a Laura Calzolari; che non è un lord della diplomazia nell'affrontare le questioni; che ha un eloquio al peperoncino dialettico e non si risparmia niente di ciò che ritiene sia giusto dire; che magari è meno telegenico di tanti messi lì perché sono bellini. Ma, proprio per tutte queste sue caratteristiche, a partire dalla mancanza di diplomazia - questa sua impoliticità che me lo rende simpaticissimo, proprio perché spesso fuori posto rispetto al politicamente corretto e rispetto a ciò che gli converrebbe - sa essere un grande manager e prendere di petto le questioni.
Soprattutto, Bono - sino ad oggi - non è mai stato sfiorato da scandali e scandaletti che, nel suo ambiente, sono quasi la normalità. E, con altrettanta correttezza, devo anche dire che spesso sono gonfiati. E poi, ha avuto la grande intuizione di puntare su alcune linee di novità che sono state la salvezza di Fincantieri e che lo sarebbero state ancor di più se l'avessero lasciato fare fino in fondo, a partire dalla quotazione in Borsa molto osteggiata da una parte del sindacato e da una parte di Genova e che invece sarebbe stata la salvezza dell'azienda.
E poi, le idee forti: dalle decisioni già citate di puntare sui megayacht e sulle nuove produzioni non tradizionali - dalle piattaforme off shore alle prigioni galleggianti, stoppate pure esse da Genova, passando per la nave mangia-rifiuti, fino alle grandi alleanze internazionali. Che vanno intese in ogni senso: dalla capacità di creare un rapporto preferenziale con Carnival che ha affidato alla Fincantieri la costruzione di oltre la metà delle navi da crociera nel mondo, a quella di diventare partner strategico, quando non direttamente proprietario, di cantieri esteri.

E qui sta il punto: dagli Stati Uniti alla Norvegia, ora Fincantieri è diventata soggetto attivo e non complemento oggetto passivo delle alleanze straniere. Confermandosi come una vera, grande, eccellenza italiana.
Un anno fa, ci credevano davvero in pochi. Soprattutto a Genova. Ricordare aiuta.

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