Giovanna, la deputata «ligure» che non molla mai la poltrona

(...) Franco Cordero su Repubblica: «Dati i precedenti, non stupirebbe che il berlusconismo sopravvivesse all'uomo. Un postideologo candidato alle primarie Pd vuol pescare nell'acqua elettorale d'Arcore: d'accordo, i voti non olent; ma come conta di acquisirli? Le masse comuniste affascinate dal dottor Goebbles erano rosse fuori e già brune in pectore. Il travaso elettorale 2013 postula un partito talmente berlusconoide, che i manovratori non s'accorgano d'esserlo».
Eppure, è quasi un moderato, il prof Cordero, rispetto a «Paolo Farinella, prete», parroco della chiesa di San Torpete a Genova, che ha scritto un torrenziale intervento per attaccare gli elogi del «pus B.S.» (sarebbe Berlusconi nella prosa farinelliana) a Renzi. Il don è «disgustato» dai comportamenti renziani e si chiede: «Ci sono voluti in ventennio fascista, una guerra, una guerra partigiana, due ventenni di Dc, un ventennio di Craxi &c. e infine un ventennio scellerato di Berlusconi per concludere in bellezza con Renzi Matteo, berlusconetto della già fu sinistra? No! Grazie! Passo la mano». Vi risparmio qualche altra decina di righe di attacchi, che gli appassionati del genere possono trovare sul blog del parroco e talvolta nelle sue prediche, ma il senso è chiaro. Manca, per ora, la scomunica a Victor Rasetto, Agostino Cesareo, Gianluca Mambilla e Sara Di Paolo, proconsoli del sindaco di Firenze a Genova, ma è un particolare.
Intanto, Matteo, fra un richiamo a Goebbles e uno al rinascente fascismo berlusconian-renziano, dice che «in politica è arrivato il tempo della bellezza» e che «non c'è bellezza senza sacrifici». Ecco, io credo che anche le parole abbiano un valore. E l'uso delle parole qualifica Renzi e alcuni antirenziani, non tutti. Il sindaco di Firenze parla di «senso dell'onore», di «liberare i talenti degli italiani», dice spesso «amore», «bellezza», «speranza» e «coraggio» (il conto dei termini più usati è del bravo Francesco Bonazzi, inviato di punta del Secolo XIX di Umberto La Rocca), cita Will Smith che nella Ricerca della felicità di Gabriele Muccino dice: «Non permettere a nessuno, nemmeno a me, di distruggere i tuoi sogni e di dirti che non sei capace». E cita pure Chesterton: «Il mondo non finirà per la mancanza di meraviglie, ma per la mancanza di Meraviglia». Insomma, non è «don» Matteo, non scrive «prete» sul suo blog, ma parla di temi che dovrebbero essere cari a chi crede.
In tutto questo, il tema del pensionamento dei vecchi parlamentari, su cui tanto si insiste, è solo uno dei particolari. E nemmeno il più importante. Fra gli eletti in Liguria, riguarda in particolare Giovanna Melandri. Che, fra tutti i casi di «paracadutati» mi pare il più grave. Politicamente, forse, ancor più di Luigi Lusi, nonostante l'ex tesoriere sia stato arrestato, prima volta nella storia per un senatore.
E allora cosa ha fatto Giovanna, che è stata ministro ed è pure tanto caruccia, di tanto grave? Il problema è che, dopo aver promesso di trasferirsi in Liguria e di imparare a memoria la ricetta del pesto (questa, peraltro, l'avevamo già sentita), la Melandri ha fatto di peggio. Cioè, potendo optare per l'elezione nel Lazio, ha invece scelto la Liguria, togliendo il posto a un parlamentare spezzino (di lungo corso, sì, ma molto preparato e capace, pronto a spiazzare e a rompere le barriere della vecchia destra e della vecchia sinistra) come Lorenzo Forcieri.
Insomma, quasi una paracadutata elevata a potenza. Che, com'era prevedibile, non si è mai più occupata (o quasi) della sua regione di elezione.
Ecco, Giovanna in questi giorni è fra quelli investiti dallo tsunami Veltroni, la decisione di Walter di lasciare il Parlamento. Lei, a scanso di equivoci, è stata una delle primissime a intervenire sul tema, ai microfoni di Tgcom24 di Mario Giordano: «Nel Pd ci stiamo esercitando con nuove pratiche come le primarie ed il pieno conferimento ai nostri sostenitori di scelte importanti. Sinceramente, penso che per chi ha costruito il Pd, il passo indietro di Veltroni sia un gesto costruttivo e non distruttivo». Ma: «Ma non tutti devono per forza condividerlo o seguirlo. Questo atto non deve essere utilizzato per descrivere gli altri».


Insomma, dopo 18 anni e 188 giorni (oggi) di Parlamento, pari a cinque legislature sulle spalle, non pare che la Melandri abbia intenzione di mollare. Anzi, la scorsa settimana ha battezzato la sua nuova fondazione, che si chiama «Uman». Aggiungendo che non lascia la politica.
Ci vuole un fisico bestiale.
(3-fine)

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