Ma i posti dell'Ilva valgono più dei posti della Nautica?

(...) decidono, si va in strada. Ciascuno si assumerà le proprie responsabilità, il sindacato lo ha sempre fatto. Noi non abbiamo intenzione di ledere i diritti di altri, ma il fatto che ci siano delle persone che sono al Nautico per comprare una barca e che magari non sanno nemmeno che l'Ilva sta per chiudere non è accettabile. Andare lì, spiegarlo, è un modo per dare spazio alla realtà». E ancora, in un altro passaggio: «Potrebbe essere un'idea andare al Nautico, a cinque chilometri dalla fabbrica c'è chi pensa a comperarsi una barca da 300mila euro. Magari non conosce cosa accade all'Ilva, lo si può spiegare a loro. Nella società della comunicazione, parlando delle loro barche si può fare parlare anche di noi». Tutto chiaro, per carità. E, in qualche modo, anche comprensibile. Ma posso dire che mi sembra un modo di ragionare assolutamente legato a schemi del passato, ricchi contro poveri, e soprattutto un discorso che non tiene assolutamente conto di ciò che sta succedendo?
Mi spiego. Se è vero che i lavoratori dell'Ilva rischiano il posto per le scelte della magistratura a Taranto, è anche vero che i lavoratori della Nautica rischiano il posto per la crisi che li sta massacrando, come e più di altri settori, e per le scelte del governo Monti che fanno passare tutti coloro che hanno una barca - anche se l'hanno pagata con soldi su cui avevano abbondantemente già pagato le tasse - come pericolosi evasori. Mica finita: trovate come la tassa di stazionamento, su cui poi è stata fatta una frettolosa retromarcia, sono doppiamente dannose. Da un lato, visto che non entrano formalmente in vigore, non creano gettito. Dall'altro, anche se non entrano formalmente in vigore, fanno un grande danno anche solo con l'effetto annuncio. Insomma, il massimo risultato (negativo), con il minimo sforzo. Geniale.
Se si considera poi che la Nautica è una delle eccellenze italiane e uno dei settori in cui siamo all'avanguardia nel mondo, grazie al quale ci invidiano ovunque, (eravamo? ci invidiavano?), la cosa è ancora più grave. Perchè, come spiega perfettamente con i suoi dioscuri della comunicazione Donata Sabella e Jacopo Pedemonte ogni giorno in cui sorge il sole Anton Francesco Albertoni, presidente dell'Ucina, la Confindustria Nautica - che, a differenza di quella della Marcegaglia ha anche un'utilità e delle idee - parlare di Nautica non significa solamente parlare di yacht.
La visione caricaturale per cui tutto ciò che è Nautica è roba da cafoni arricchiti (male) che passano sottocosta rischiando di decapitare decine di bambini come nemmeno Erode ai suoi tempi, oltre a essere falsa, non rende giustizia a decine di migliaia di persone che lavorano nella filiera del mare. Che sono tutti coloro impiegati nei cantieri, certo, ma anche il mondo dei porticcioli e tutto l'indotto che ruota attorno alle barche. Un mondo pulito, positivo, un tempo felice, che crea un ritorno per tutta l'economia italiana, potendo vantare fra l'altro uno dei pochi brand che il mondo ci invidia, insieme alla moda, all'agroalimentare e a tutta la filiera della qualità e del benessere, dal wellness a un biomedicale di fascia altissima.
Insomma, stiamo parlando di qualcosa da coccolarsi in ogni modo e da difendere con le unghie e coi denti. E, invece, cosa ci si inventa? Di contestare tutto questo per contestare le scelte dei magistrati di Taranto. O, addirittura, senza nemmeno contestarle perchè a una parte della Fiom non piace attaccare i giudici, non sta bene.
Non ci siamo. E vorrei sommessamente dire a chi pensa di colpire in qualche modo il Nautico per difendere l'Ilva, che alcuni di quegli scafi sono proprio costruiti con l'acciaio che esce da Cornigliano. Ma se ne rendono conto? E lo dico io che ho criticato e criticherò domani alcune scelte del Nautico.
Così come non va bene che ogni categoria che abbia qualcosa di cui lamentarsi usi il Salone come un punching-ball su cui esercitare le sue proteste.

Certo, lo sappiamo benissimo che è un momento di visibilità e penso che mai i vigili genovesi sarebbero finiti su tutti i giornali del mondo mentre attraversano lentamente la strada per centinaia di volte, se quelle zebre non fossero state quelle davanti a piazzale Kennedy.
Ma attenti. Perchè, a furia di tirare la corda, poi si spezza. E un posto di lavoro nella Nautica vale come un posto di lavoro all'Ilva. Solo che i posti sono di più.

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