Le imprese «smantellano» il monopolio dell'Aster

Le imprese «smantellano» il monopolio dell'Aster

(...) vede impegnate sullo stesso fronte Ance, Confindustria e Confagricoltura che accusano l'amministrazione comunale di violare da anni le regole visto che il «modello Aster» avrebbe azzerato la concorrenza tra le imprese genovesi escludendole dal mercato delle manutenzioni che vale tra i 25 e i 30 milioni l'anno. «Non esiste ragione per la quale le imprese edili, impiantistiche e del verde non possano svolgere le stesse attività realizzate da Aster. Anzi, se il Comune di Genova aprisse al mercato realizzerebbe un notevole risparmio - spiega Federico Garaventa di Assedil -. Questo è un problema che va preso di petto anche perché il modello Aster è inefficiente: la nostra è l'unica città che mantiene una finta municipalizzata e per mantenerla sottrae appalti alle imprese». Un duro attacco da parte delle associazioni di categoria condito anche dai numeri, se per Federico Robiglio di Confagricoltura «le tariffe per la gestione del verde urbano delle imprese sono molto più a buon mercato di quanto Aster fa pagare all'amministrazione», il risparmio complessivo per le casse dei genovesi si aggirerebbe intorno ai 4 milioni di euro l'anno, circa il 15 per cento della spesa complessiva. «I motivi che spingono a ricorrere nelle sedi competenti sono, principalmente, due: la ingiustificata sottrazione al mercato di una quota rilevante di lavori e la spesa pubblica superiore che ne deriva - spiegano Gianni Garaventa, Roberto Zampini e Giovanni Robiglio -. Da anni chiediamo al Comune di correggere la situazione, ma con la crisi che c'è non possiamo più attendere».
Infatti, la diatriba tra Comune di Genova, Assedil, Confindustria e Confagricoltura inizia un anno dopo la nascita della società «in house», nel 2005, quando il Tar della Liguria accoglie il ricorso delle associazioni bocciando gli affidamenti diretti; ma nel 2006 il Consiglio di Stato ribalta la sentenza di primo grado. Nel 2007, tuttavia, anche la Commissione Europea si esprime perché l'affidamento dei cantieri sia soggetto alle regole della libera concorrenza.
L'atteggiamento mantenuto dalle amministrazioni che si sono succedute negli anni a palazzo Tursi, tuttavia, non sembra mutare. Mentre nelle altre grandi città italiane si sono adottati sistemi che potessero andare a risolvere qualsiasi tipo di conflitto, Genova ha blindato per trent'anni - a partire dal 2004 - il suo: «Torino e Milano procedono con accordi quadro, Bologna con appalti pluriennali divisi per settore mentre le società “in house” si occupano solo delle fasi tecniche, preparatorie degli appalti».
Ci si dovrà dunque attendere un braccio di ferro a colpi di ricorsi e atti della magistratura? Dalla giunta comunale si usa molta prudenza: «Non sappiamo con precisione i termini ed i contenuti del ricorso - spiega Gianni Crivello, assessore con delega ad Aster -. Con la società abbiamo un contratto di servizio che ci permette di compiere una serie di interventi, anche con una certa urgenza che, forse, un altro modello non ci permetterebbe di fare». Il problema, però, sembra essere sulle regole che il Comune di Genova starebbe violando da anni: «Su questo non mi espongo, già domani (oggi per chi legge, ndr) avrò un confronto con l'assessore alle partecipate Franco Miceli. Certo è difficile, per non dire improbabile, mettersi a fare un paragone sugli aspetti economici tra l'attuale sistema e cantieri affidati a società private: oggi Aster svolge con noi interventi che spesso non sono nemmeno remunerati». Nessuna indicazione nemmeno su come si possa cercare di risolvere la diatriba, visto che da parte delle Associazioni la volontà sarebbe quella di trovare una soluzione e ritirare il ricorso: «Noi proponiamo il modello Roma: creare nove società, una per ogni municipio, a partecipazione privata, con una gestione degli appalti in global service dove Aster mantenga la manutenzione ordinaria», ribadisce Garaventa.


Un'altra crepa che si allarga in una Genova lacerata dai problemi, con anche possibili ripercussioni dal punto di vista occupazionale visto che ad oggi la società per le manutenzioni ha in carico 394 dipendenti: «Quei lavoratori hanno pari dignità rispetto a quelli delle nostre imprese - commentano Garaventa, Zampini e Robiglio -Meritano di essere messi in condizione di operare con efficienza, senza danneggiare il sistema delle imprese private e le tasche del contribuente».

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