«La legge di Amato e D'Alema, vera causa del sacco delle Regioni»

(...) Però, secondo lei, un filo che unisce Lazio e Liguria c'è.
«Sì, si tratta della riforma del titolo quinto della Costituzione, gli articoli dal 117 in poi. Lì c'è stato un
vuluns legislativo».
Consigliere Della Bianca, lei è davvero, come sempre, preparatissima. Ma «titolo quinto», «articolo 117» e simili sono cose per iniziati. Tradotto per i comuni mortali?
«Significa che situazioni come quelle che hanno portato alla moltiplicazione della spesa nelle Regioni dipendono dalla riforma della Costituzione voluta dal centrosinistra, studiata dal secondo governo di Massimo D'Alema e portata a termine dal secondo esecutivo di Giuliano Amato».
Hanno tante colpe, quei due. Ma cosa c'entrano con le spese delle Regioni?
«C'entrano, c'entrano. Perchè, aumentando l'autonomia gestionale delle Regioni e, in generale, degli enti subordinati, in nome del federalismo, hanno dato autonomia di spesa a due enti: la giunta regionale e il Consiglio regionale. Così, quella che una volta era una fonte di spesa, ora è sdoppiata. E le spese pure».
Bè, però, si tratta pur sempre della Costituzione, la nostra suprema carta. Lei che viene da un partito che fa delle riforme la ragione sociale, perchè se ne lamenta?
«Innanzitutto perchè quella riforma, sbagliatissima, della Costituzione avvenne a colpi di maggioranza da parte della sinistra, gli stessi che oggi inarcano il sopracciglio ogni volta che qualcuno parla di riformare la Carta».
Ero in aula ad assistere ai lavori dalla tribuna della Camera quel giorno. La riforma passò con il voto decisivo di un gruppetto di ex leghisti che erano passati dal Carroccio all'alleanza di sinistra.
«Appunto, un ulteriore motivo di vergogna».
Eppure, proprio ieri, sia il Corriere della sera, sia il Sole-24 ore, spiegavano che la Liguria è una regione virtuosa, che spende poco.
«Mi fa piacere, ma le ripeto che il problema non è ligure, ma nazionale. Il caso del Lazio non nasce dai controlli, ma da liti interne a un gruppo consiliare. Invece, occorre lavorare innanzitutto per rivedere le regole sui controlli e poi per favorire un salto culturale per gli enti che erogano denaro pubblico».
«Vaste programme», direbbe De Gaulle. Ma tradotto in concreto?
«Ad esempio, Stefania Craxi, segretario del mio partito, la prossima settimana proporrà un disegno di legge di riforma della Costituzione, per creare cinque macroregioni, modellate sui collegi delle Europee. In questo modo, si ridurrebbero i centri erogatori di spese».
E la Liguria dove finisce?
«Con Lombardia, Piemonte e Valle d'Aosta. Credo che avremmo da guadagnarne».
Lei se l'è presa anche con altri enti, come l'Anci o l'Aiccre. A proposito, cosa sono?
«Lei scherza, ma è proprio così. Ci sono enti che i cittadini non sanno cosa siano che hanno enormi disponibilità di denaro. E in qualche caso, nemmeno noi addetti ai lavori sappiamo di cosa si occupano. E dove non c'è controllo, i furti sono molto più facili».
Nel suo riferimento all'Anci, qualcuno ha letto una polemica con il segretario ligure Pier Luigi Vinai, suo grande elettore in Regione, ma ora suo avversario.
«Chi pensa così è proprio fuori strada e magari anche in mala fede. Mi riferivo solo a vicende nazionali. E su questo non faccio alcuna polemica con Pier Luigi».
Da tutta questa storia, esce la proposta di Rosario Monteleone al «Giornale» di affidare i controlli sui gruppi a un ente terzo di revisori dei conti.
«Ottima proposta, che condivido e mi auguro che arrivi in
aula prestissimo».


E Gino Morgillo, tesoriere del Pdl, lo farà addirittura di sua spontanea volontà, facendo certificare subito i bilanci, dando un ottimo esempio di trasparenza. La sente un po' anche come una sua vittoria, dopo le polemiche con il suo ex gruppo?
«Assolutamente no, quella è una storia passata e superata. Ma più controlli ci sono, soprattutto di questi tempi, meglio è».

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