Il miracolo di ottomila persone che vanno a parlare di letteratura

(...) dalla musica di un piano.
Come dire? Non proprio una passeggiata di salute, nè la serata più leggera del mondo, nonostante Méliès sia davvero un grande assoluto. Eppure, anche questa roba ha fatto il pieno. Così come Babel, il festival collaterale dedicato all'editoria e alla musica indipendente, che è andato avanti fino alle due di notte, con il pienone di ragazzi. Ragazzi che magari sono gli stessi della movida dall'altro lato di piazza Matteotti ma, a differenza di quello che fanno sul marciapiede opposto, non passano la serata a bere, ma ad ascoltare reading e letteratura. A discutere, a litigare, ad emozionarsi, ad ascoltare. Magari anche ad ascoltare cose che a me non piacciono, che non fanno parte dei miei beni culturali di lettere e di note. Però, lasciatemelo dire, sono vivi.
Così come sono vivi quelli che leggevano nella loggia degli Abati, dove era in scena la mostra di Giorgio Gallione, il più letterario dei registi teatrali. Così come sono vivi quelli che hanno dialogato con Silvio Ferrari, intellettuale con la forza della ruvidità e della dolcezza. Così come sono vivi quelli che hanno salutato Pinocchio al Museo Luzzati. Così come sono vivi quelli che si sono appassionati di letteratura e arte moderna al museo di Villa Croce. Così come sono vivi quelli che hanno partecipato al laboratorio di legatoria alla Berio.
Ecco, penso che l'elemento migliore che esce dai tre giorni de L'altra metà del libro sia proprio questo. Che Luca Borzani - con un pugno di persone che davvero si possono contare sulle dita delle mani - ha messo in piedi un festival di qualità e di quantità. Perchè, vedete, il presidente della fondazione di Palazzo Ducale ha questa straordinaria capacità, di cui parleremo più diffusamente domani, nella seconda tappa di questo viaggio nella bellezza della cultura e nella cultura della Bellezza: che non prescinde mai dai numeri, dal pubblico, dal popolo. Tanto è vero che, a margine del festival, ha festeggiato anche i 3862 spettatori paganti nel week-end per le mostre su Mirò e sul fotografo McCurry. Ovviamente, gongolando.
Ma L'altra metà del libro non è finita al Ducale. E, se possibile, il suo vero trionfo l'ha vissuto poche centinaia di metri più in basso, al Porto Antico. Per la precisione, al primo modulo dei Magazzini del Cotone, secondo piano. Dove, perfettamente inserita nel programma della tre giorni letteraria, è andata in scena la Notte dei libri insonni, un viaggio per un gruppo di ragazzi fortunati che hanno dormito con i sacchi a pelo nella Biblioteca per ragazzi Edmondo De Amicis, vivendo la notte fatta di racconti, letture, animazioni, emozioni. In un viaggio in cui hanno dormito poco e sognato molto, fino al clou finale nelle Favole al telefonino, variabile modernissima delle Favole al telefono di Gianni Rodari, che invece oggi sono raccontate con i ritmi e la velocità di un sms. Pensate, che le iscrizioni sono andate esaurite in meno di un'ora. E non perchè erano gratis. Ma perchè si era diffusa la voce. E perchè basta passare un giorno qualunque nelle sale della De Amicis e vedere all'opera il suo direttore Francesco Langella, per capire che c'è dietro qualcosa. Langella è una specie di puffo buono che salta da uno scaffale all'altro, che si emoziona e legge insieme ai bambini, che dà un senso che non sia burocratico al suo lavoro.

Insomma, è il primo a crederci, come vorremmo che fosse ogni maestro e ogni professore, dall'asilo all'università. E quando, dopo la notte insonne, dice: «Solo da questi bimbi e ragazzi possiamo ripartire», ci crede. Glielo leggi negli occhi. La retorica, invece, è andata a letto.
(1-continua)

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