(...) pessimi se se la prendono con gli amici. Ma pronti a un ribaltamento immediato in caso di sentenza che piace. Insomma, per questo tipo di politica, è ottima solo la giustizia che ricalca la propria logica di schieramento.
Quasi inutile dire che, nella specialità, a sinistra sono stati e in parte continuano ad essere campioni, come dimostrano anche le candidature di questa tornata elettorale. Ma, a volte, ci casca anche il centrodestra, che pure ha dimostrato negli ultimi anni - anche con i voti sulle autorizzazioni all'arresto - di essere solitamente garantista erga omnes, anche a rischio dell'impopolarità fra i suoi elettori più di pancia.
Eppure, qualcuno che ci casca c'è sempre: penso ad esempio all'assurda accusa di Letizia Moratti contro Giuliano Pisapia nelle scorse elezioni per il Comune di Milano, quando gli rinfacciò una vecchia inchiesta da cui pure era stato assolto. E, anche alle nostre latitudini, non è propriamente intelligentissimo ricordare che, da sindaco di Genova, Claudio Burlando è stato arrestato. Anche perché poi è stato scarcerato e pure risarcito per ingiusta detenzione. Insomma, di argomenti per attaccare Pisapia e Burlando ce ne sono talmente tanti, che cercare quelli inesistenti, non è furbissimo.
Fa piacere che, in questa richiesta di disarmo bilaterale della giustizia usata per fare politica, ci siano ora anche altre voci. È capitato, sporadicamente, anche in passato: ad esempio nella Bicamerale per le riforme, poi purtroppo naufragata, che scrisse un bel capitolo sulla giustizia. O, con l'ottimo intervento sul Foglio di Andrea Orlando, spezzino, capolista Pd per la Camera e responsabile giustizia del partito. Poi, a volte, manca il coraggio finale. Ma tant'è.
Fra le voci, c'è quella di Vittorio Coletti, il più illustre italianista del Paese, un uomo chiamato dizionario, che ci ha abituato sulle pagine di La Repubblica-Il lavoro, dirette con ottimi spunti polifonici da Franco Monteverde, a prese di posizioni coraggiose e intelligenti. Senza rinnegare una virgola delle sue idee di sinistra, anzi.
L'abbiamo raccontato a proposito del G8, quando ha avuto la forza di chiamare i violenti con il loro nome (del resto, non si scrive un vocabolario per nulla), e a proposito delle manifestazioni contro la Tav, quando si è schierato per il futuro di Genova e della Liguria. Interventi che abbiamo volentieri ripreso, tanto che un nostro carissimo amico e lettore come Alberto Clavarino, antideclinista doc innamorato di Oscar Giannino e non lettore di Repubblica, ci ha scritto: «Grazie di avermi fatto sapere che uno come Coletti c'è».
L'ultimo graffio di intelligenza di Coletti arriva per commentare le tifoserie contrapposte sullo scioglimento del Comune di Bordighera. E vale doppio perché arriva sulle colonne di un giornale che spesso, non sempre, non in tutte le sue firme, si è fatto aprioristicamente portavoce delle Procure. Oggi festeggia il Pdl imperiese dopo che il Consiglio di Stato ha riabilitato la giunta dell'ex sindaco Bosio sciolta per sospette infiltrazioni mafiose (scioglimento peraltro deciso dal ministro dell'Interno del governo Berlusconi Bobo Maroni), dopo che il centrosinistra aveva festeggiato perché il Tar aveva ritenuto legittimo lo scioglimento. «La stoltezza, si sa, - scrive Coletti su La Repubblica-Il lavoro - è rigorosamente bipartisan e quanti oggi esultano per la Bordighera liberata dalla criminalità da un giudice romano non sono troppo diversi da quanti si scandalizzavano per la sua corruzione basandosi solo sugli atti di qualche Procura vicina. La magistratura è affollata dagli Ingroia e dai Carnevale e la sua verità si muove fra i binari della rilevanza penale di qualsiasi gesto per i primi e del rovesciamento in punta di diritto di qualsiasi deliberazione per i secondi. Ora, se va bene l'uno, deve andare bene anche l'altro».
Coletti ricorda di come il nostro diritto non sia di stampo anglosassone «dove i giudici prima di essere dei causidici raffinati o dei fondamentalisti del diritto debbono essere dei signori assennati. Guai allora a calibrare il proprio giudizio morale e politico sulle carte dei nostri magistrati e avvocati. La realtà comprende la verità dei tribunali, ma non coincide con essa». Parole perfette e che sottoscrivo alla virgola, soprattutto in un Paese che è stato per troppo tempo appeso alle trascrizioni, non sempre corrette, delle intercettazioni o alla virgola di una sentenza. Da un lato si confondono le ipotesi accusatorie o, addirittura, talvolta, anche fatti del tutto irrilevanti penalmente e persino eticamente per condanne; dall'altro, si rischia di giustificare i delinquenti in nome di cavilli burocratici. Conclude Coletti: «Per le persone intelligenti debbono parlare i fatti, l'esperienza, la testimonianza della vita quotidiana».
Ed è la lezione più bella del prof.
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