Spera, la cultura a costo zero

(...) pubblico presente era prevalentemente di estrazione popolare, ma, evidentemente, visto chi c'era sul palco e cosa proponeva, si è concesso uno strappo alle molte restrizioni che si sono dovute adottare in questo periodo difficile».
Ecco, credo che l'intervento di Razeti sia l'occasione per ripensare la cultura a Genova. Lui, parlando del Carlo Felice, chiede di «vedere il nostro teatro più pieno, magari ospitando spettacoli più popolari e coinvolgenti». E coglie il problema, perchè, se il massimo teatro dell'Opera è in crisi economica, credo che una grossissima responsabilità ce l'abbiano le programmazioni che, spesso, si basavano sul brivido dell'impopolarità e degli spettacoli per pochi eletti. E, insieme a chi firmava questi cartelloni troppo elitari per essere veri, la colpa ce l'hanno anche i puristi - in platea, sui media e nei salotti - che si opponevano a qualsiasi apertura del teatro ad altre culture che non fossero quella lirica.
Ricordo una polemica, che feci proprio su queste pagine, con chi inorridiva di fronte alla sola ipotesi che Francesco De Gregori (ma il discorso varrebbe per qualunque altro artista il cui promoter pagasse regolarmente l'affitto per la sala del Carlo Felice, contribuendo a sostenerne i bilanci), si esibisse sul palco del teatro dell'Opera. Posizioni fuori dal mondo e fuori dal tempo che, peraltro, a Genova, hanno avuto il valore di Verbo fino a pochissimo tempo fa. Ma, fortunatamente, ormai completamente superate dal fatto che i bilanci del Carlo Felice sono talmente pericolanti che l'essere schizzinosi sul nome di chi si esibisce non ha fortunatamente più diritto di cittadinanza.
Detto questo, va anche detto che il promoter del doppio concerto contemporaneo - Pooh e Cremonini - è lo stesso che con i suoi concerti contribuisce a risanare i bilanci del Carlo Felice, lo stesso che organizzerà altri quattro concerti entro fine anno e altri sei nei primi mesi del 2013 (fra gli altri, Franco Battiato, Paolo Conte, Fiorella Mannoia il 10 novembre e i Nomadi il 29 novembre, tutti al Carlo Felice, e Malika Ayane il 13 novembre al Politeama), lo stesso che è il maggior produttore di cultura a Genova.
L'abbiamo scritto tante volte, ma lo ripeto volentieri: il «modello Spera» è qualcosa che riconcilia con la cultura e con la fruizione della cultura. Visto che sceglie con la sua testa, rischia i suoi soldi, combatte con le sue forze e non prende contributi pubblici, pur allestendo la stagione probabilmente più ricca e composita nel suo genere, anche qualitativamente la migliore nello scenario dello spettacolo genovese e ligure.
Perciò credo che Spera sia un modello da divulgare il più possibile, un antidoto vivente al continuo lamento per il taglio dei contributi alla cultura, un esempio virtuoso di come si possa fare cultura senza soldi pubblici. Poi, certo, se gli danno un contributo (che meriterebbe pure), non penso che pianga, come ha detto nei giorni scorsi in una bella intervista a Renato Tortarolo sul Secolo XIX. Credo che sia umano e penso che chiunque di noi faccia un lavoro di pubblica utilità, se c'è un minimo di contributo pubblico, ringrazi e lo porti ben volentieri a casa, pensando a come reinvestirlo per fare una stagione ancor più ricca di nomi e di date l'anno dopo.

Anche perchè il pubblico dei concerti è un pubblico di belle facce, di ragazzi perbene, di signori che approfittano del cantante che amano per uscire di casa la sera.
E pensare che tutto questo, cultura vera, cultura non assistita, cultura che non produce perdite, ma profitti (e se ci sono perdite sono private), riconcilia con la Cultura stessa.

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