Su Ansaldo metteteci lo Zampini

Su Ansaldo metteteci lo Zampini

(...) non di un'acquisizione, ma di una sorta di silenziosa incorporazione, con conseguenti esuberi e tagli che Genova avrebbe pagato in prima persona.
Insomma, il punto non era sulla legittimità della vendita di un'azienda pubblica, ci mancherebbe altro che un liberale contestasse questa possibilità. Ma sul «chi compra». E così, per una volta, Genova ha fatto davvero squadra - con in prima fila il cardinale Bagnasco, vero baluardo per l'occupazione a Genova come abbiamo raccontato nei giorni scorsi - riuscendo forse a spostare gli equilibri. Tanto che sul tavolo, oltre all'offerta di Siemens, è arrivata quella della cordata italiana coordinata dal Fondo Strategico Italiano e in cui potrebbero entrare anche Banca Carige e Fondazione Carige, soprattutto considerando il low profile portato avanti anche ieri dal presidente della Banca Giovanni Berneschi. Dal canto suo, Orsi, non ha anticipato ufficialmente nulla sulla decisione di oggi, rifugiandosi in un minimalistico: «Vogliamo una vendita corretta, senza affanni» e «stiamo valutando tutte le offerte in modo coerente». Ma, in attesa del consiglio di amministrazione decisivo, che vedrà vincitori e sconfitti, comunque un vincitore già c'è. Ed è proprio Zampini, l'amministratore delegato che, in pochi anni ha preso in mano l'azienda (ri)trasformandola in un'eccellenza italiana nel mondo, andando a cercarsi commesse ovunque e trovandole pure. Insomma, uno di quei manager pubblici che dà senso alla parola. E che, da domani, sarà anche ufficialmente il presidente di Confindustria Genova.
Certo, un manager di Stato che guida gli imprenditori è sempre un'anomalia. Ma, soprattutto dopo la scelta analoga di Assolombarda - che per definizione è la quintessenza dell'industritalanità -, la strada è tracciata. E, sempre per parlare di un manager che Genova conosce molto bene, il numero uno di Fincantieri Giuseppe Bono sta ottenendo ottimi risultati nell'associazione territoriale di Gorizia e Trieste. Insomma, pubblico non è necessariamente brutto.
Zampini, soprattutto, ha la statura, la preparazione, il tratto e l'aplomb per guidare molto bene Confindustria Genova. Come se fosse un Che Guevara delle aziende, il suo motto potrebbe essere «Bisogna essere duri senza mai perdere la tenerezza». E Zampini è proprio così: di una durezza incredibile, che però si abbina a un'educazione e un modo di porsi assolutamente dolce. Ed è un po' la strategia che - comunque vada a finire oggi - l'ha portato a giocarsi la partita della cessione di Ansaldo Energia fino in fondo, nonostante Orsi la pensasse in modo diametralmente opposto. E mai si era visto un amministratore di una singola azienda della galassia Finmeccanica contrapporsi in modo così forte al numero uno della holding.
Insomma, Zampini ha le caratteristiche e la personalità per essere davvero l'uomo della svolta per Confindustria Genova. E per riportarla ai tempi dei fasti del tandem Garrone-Corradi o, addirittura, di Costa e Manzitti. In questo, dovrà aiutarlo anche la squadra.

Fra i vice ci sono Umberto Risso e Stefano Messina che può essere davvero il pontiere fra porto e industria manifatturiera, con la sua capacità di mediazione. Mentre il ritorno di Marco Bisagno, già presidente, past president e saggio, non mi pare una grande trovata e sa un po' troppo di vecchia gloria, di Matia Bazar a Sanremo.
Zampini, però, è rap.

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