La svolta al vertice spacca il Pdl

La svolta al vertice spacca il Pdl

(...) Ma il coordinamento regionale di ieri, il primo convocato dopo un anno, ha visto uno scontro aperto e violento, con scambi di accuse pesantissime. Le prime schermaglie, tutt'altro che indolori, ci sono state sulla gestione della riunione. In particolare è stata messa ai voti la sospensione dell'incontro prima che prendesse il via la discussione generale e la presentazione dei diversi documenti. In pratica, finito l'idillio e la pressoché totale unanimità sulla solidarietà al direttore del Giornale Alessandro Sallusti e la richiesta di primarie differite rispetto al 16 dicembre (proposte di Gianni Plinio), c'era chi voleva chiuderla lì. La votazione ha invece portato alla prosecuzione.
L'ex ministro Claudio Scajola non ha certo usato il fioretto. Ha annunciato di candidarsi e rinfacciato a molti il fatto di averlo abbandonato durante le difficoltà, ma lo ha fatto attaccando duramente gli avversari interni. «Ha detto che essendo stato ministro dell'Interno e presidente del Copasir potrebbe dire tante cose che sa di molti - tuonano il coordinatore regionale Michele Scandroglio e il suo vice Eugenio Minasso -. Con riferimenti a chi ha “soldi in Liechtenstein”, oppure a chi “nel ponente frequentava mafiosi”, o ancora a chi “ha avuto qualche problema con Mani pulite”». Una dichiarazione di guerra, una sfida aperta, secondo i dirigenti. Il clima si è surriscaldato e a fare il resto ci ha pensato la presentazione del documento di sfiducia all'«attuale dirigenza regionale che ha operato a dividere anziché unire le forze, promuovendo addirittura molteplici eventi pubblici tesi a creare ed aggravare le lacerazioni interne al Pdl in un contesto nazionale già complesso».
A quel punto la «conta» si è resa necessaria. Scandroglio, Minasso, ma anche il senatore Luigi Grillo, altri esponenti del direttivo regionale come Giuseppe Rotunno, Gianni Arena, Fabio Orengo sono usciti dall'aula. Tutto il gruppo che fa riferimento allo stesso Scandroglio sostiene di aver fatto mancare il numero legale (pur se in tutta la giornata non è mai stato fatto alcun appello nonostante diverse votazioni effettuate), grazie anche all'uscita del consigliere regionale Matteo Rosso. Diametralmente opposta la tesi degli «sfidanti»: in sala solo rimasti i venti che hanno approvato la «sfiducia», oltre a due «non votanti», Gianni Plinio e Gianni Barci. «Ho provato in tutti i modi a convincere Scandroglio a replicare alle accuse, la sua gestione è stata tirata in ballo in ogni modo, ma non ha detto nulla - ha spiegato sconsolato Plinio -. Ho affrontato tante battaglie, molto le ho vinte, molte le ho perse, ma non sono mai scappato vedendo che si metteva male. Non ho votato perché durante tutto l'incontro ho sofferto. Per combattere contro gli avversari sono sempre pronto. Vedere che ci si scanna all'interno dello stesso partito mi fa male». L'abbandono, secondo i vertici del coordinamento, avrebbe però tutta un'altra spiegazione: «Non siamo scappati, ma non potevamo accettare frasi come quelle di Scajola - replicano Scandroglio e Minasso -. Quelli che ha lanciato sono messaggi pessimi. Non si può discutere su questi livelli». Più tardi un loro comunicato definirà «incomprensibile l'intervento dell'on. Scajola, che ignorando i veri problemi sul tappeto, relativi al drammatico contesto sociale ed economico della nostra regione, ha provocato una grave frattura nel partito, alimentando sterili polemiche e dimostrando scarso senso della misura».
Se tecnicamente la «sfiducia» non comporta obblighi per i dirigenti, l'atto politico resta molto forte. Di certo la frattura appare insanabile. E, numeri alla mano, indica una nuova maggioranza interna.

Che fa riferimento a Scajola, al consigliere regionale Luigi Morgillo scatenato su twitter («Scandroglio Minasso Grillo scappano #Pdl cantando celebre canzone Modugno: siam rimasti in tre, tre - Sono allergici alla democrazia»), al presidente della provincia di Savona Angelo Vaccarezza («Oggi è caduto il muro di Berlino»), al senatore Franco Orsi, al consigliere comunale genovese Beppe Costa.

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