Gentilini: "Al velo dico sì, ma niente nozze miste"

Il prosindaco: "A Treviso c’è una postina islamica? Va bene, è a volto scoperto: anche mia nonna girava così". E sulle unioni con stranieri attacca i "preti rossi": "Li ho segnalati al Pastore tedesco, meno male che c’è lui"

Gentilini: "Al velo dico sì, ma niente nozze miste"

Treviso - Qualcuno ha pensato che il buonismo fosse riuscito a sforacchiare la sua stella da sceriffo e avesse fatto breccia in quella dura corteccia razza Piave. La reazione del prosindaco Giancarlo Gentilini alla notizia di un’impiegata di origini marocchine che lavora alle poste di Treviso con il capo coperto da un foulard nero, l’hijab, è stata infatti tranquilla, fatalista, relativista. Buonista, appunto.
È vero, sindaco, che non ha avuto nulla da ridire di fronte all’impiegata con il foulard in testa?
«Verissimo».

In molti sono rimasti sorpresi. È diventato buonista anche lei?
«Ma non diciamo fregnacce. Io il buonismo fasullo e nefasto lo combatto tutti i giorni. Non li sopporto quelli che continuano a ciarlare sull’integrazione, sul razzismo, sugli immigrati senza mai essere stati per strada e senza capire quali sono davvero i problemi della nostra gente».

Ah, volevo ben dire. Però la storia dell’impiegata postale come la spieghiamo?
«Ma lo sa che mia nonna metteva il fazzoletto in testa la mattina e se lo toglieva la sera prima di andare a dormire? Non vedo nulla di male in una donna che se lo mette anche oggi. Rievoca le nostre tradizioni più antiche».

Ma non aveva dato ordine ai suoi vigili di intervenire e reprimere qualsiasi atto del genere?
«Qua tutti si divertono a dipingermi come un razzista feroce senza capire che quel provvedimento era legato a questioni di ordine pubblico e si riferiva espressamente a quelle donne che sono costrette a portare il burqa dai propri uomini. L’impiegata non aveva il burqa e il suo viso solare era ben visibile. Nessun problema, quindi».

E dei matrimoni misti cosa dice? Un’inchiesta del «Giornale» ha dimostrato che hanno altissime probabilità di naufragare.
«Non c’era bisogno di un’inchiesta. Lo dico sempre alle trevigiane che incontro: “Mi raccomando, continuate a fare figli razza Piave”. Del resto, il detto dei nostri anziani, “moglie e buoi dei paesi tuoi”, certo. E poi, lo sappiamo tutti che il problema di questi matrimoni è essenzialmente di tipo religioso».

Uomini islamici e donne italiane, non può funzionare?
«No, non può funzionare. Questi qui hanno una concezione della donna inaccettabile. La ritengono una schiava e pretendono che rimanga reclusa. All’inizio l’amore mette questo aspetto in secondo piano, poi arrivano i figli, l’educazione e salta per aria tutto. Su questo la Chiesa cattolica non fa quel che dovrebbe».

E che cosa dovrebbe fare?
«Ma insomma, c’è qualche prete che ha perfino organizzato una sorta di moschea per favorire la cosiddetta integrazione. E poi si lamentano se a messa non va più nessuno, se in chiesa c’è il deserto. Questi preti rossi... ».

E chi sono questi preti rossi?
«Io ho fatto nomi e cognomi, sa, e li ho mandati tutti al Pastore tedesco. E meno male che c’è lui in Vaticano».

Questa l’ha rubata al «Manifesto»...
«Non lo dico certo in senso negativo. Ho fiducia nel rigore di questo Papa e credo che le canterà chiare a quei parroci che, portando avanti un buonismo fuori luogo e, anzi, dannoso, si lasciano scappare i fedeli che non si sentono più rappresentati».

Per punire il marocchino che a Castagnole di Treviso ha sgozzato l’ex compagna e la figlioletta lei ha invocato la pena di morte. Qui, però, il pastore tedesco non la segue...
«Uno che sgozza una bimba di neanche due anni non ha diritto di vivere tra noi».

In compenso vivono tra noi stupratori e criminali pericolosi. Che si può fare?
«Romania e Albania i loro criminali li puniscono duramente. È per questo che la loro feccia viene tutta qua. Ah, ma se fosse per me... ».

Se fosse per lei?
«Gli immigrati che stanno a Treviso si

trovano benissimo. Dicono che qui siamo razzisti ma in realtà lo sanno tutti che qui l’integrazione è un fatto, non una parola. Hanno imparato una cosa, fin da subito: chi sgarra, paga. È bene che i buonisti lo sappiano».

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