Gheddafi, lo sceicco bianco che gioca

La cialtroneria di Gheddafi, lo stile da sceicco bianco ormai penosamente invecchiato, la pantomima volgare della tenda beduina imposta anche a Parigi, sono sempre trucchetti destinati a uso interno. È una pratica dei dittatori far vedere che il mondosi spaventa quando loro minacciano, e usare situazioni di conflitto apparente per tacitare qualunque opposizione interna. Il figlio eviterei di prenderlo in seria considerazione, visto che per ora rappresenta solo sé medesimo.

Piuttosto, giovedì, il ministero dell’Interno di Tripoli ha di nuovo agitato minacce contro l’Italia: «Non bloccheremo più l’immigrazione illegale verso le vostre coste - scrive una nota ufficiale - perché Roma e gli altri Paesi dell’Unione europea non hanno rispettato l’impegno di fornire i mezzi necessari al pattugliamento».

La mossa arriva dopo i recenti accordi siglati dall’Eni che prolungano le concessioni per la produzione di petrolio e gas; e dopo il viaggio lampo dell’ex ministro Massimo D’Alema, in novembre. Considerato giustamente un amico del mondo arabo, D’Alema ha chiuso il contenzioso sui risarcimenti del periodo coloniale, ma ha soprattutto confermato la disponibilità di finanziare la realizzazione dell’autostrada che collega Ras Jdeir ad Assaloum, un’opera controversa da tre miliardi di euro alla quale parteciperebbero diverse imprese italiane, a cominciare dall’Eni.

Ora il colonnello Gheddafi vede un governo nuovo, sente odore di politica seria conto gli immigrati clandestini sui barconi che non ha mai realmente fermato, e torna all’attacco. Ma tutto fa parte dello stesso pasticcio, della «ammuina » che nasconde il disastro e l’incompetenza del colonnello sotto la tenda. I governi italiani, business o non business, dovrebbero cominciare a tenerne conto quando trattano obbligatoriamente con lui, invece di costringere Calderoli a fingersi goffamente pentito, dopo due anni e una dimissione, della sua maglietta della salute a fumetti. Invece di credere che l’assalto al nostro Consolato di Bengasi nel 2006 non lo abbia organizzato lui.

Gheddafi tiene in piedi uno Stato nel quale le istituzioni non funzionano e non ci sono garanzie legali; scuole e ospedali sono inadeguati, le strade sono poche e pericolose, la popolazione è povera, isolata e impreparata. Ha giustificato lo stato di arretratezza inventando un conflitto con le potenze imperialiste e le sanzioni economiche. Ma l’Onu ha eliminato il regime delle sanzioni nel 2003 e gli Stati Uniti hanno ripreso le relazioni diplomatiche nel 2004, dopo che Gheddafi ha accettato di chiudere la vicenda della strage di Lockerbie dichiarandosi indirettamente responsabile, e di fermare il programmadi armamento nucleare e chimico. Ora in Libia oltre la metà della popolazione ha meno di 20 anni e comincia a farsi qualche domanda su arretratezza e povertà, e perfino sull’assenza di qualsiasi libertà di parola, di riunione, di stampa, sugli arresti arbitrari, sulle torture riservate agli oppositori. Gheddafi, se volesse, potrebbe fare le riforme e mettere la Libia al passo con il mondo, grazie al petrolio. Le riserve di valuta estera sono salite di recente a 56 milioni di dollari per cinque milioni e seicentomila abitanti. Ma l’ammodernamento e le aperture economiche si fermano sulla soglia della corruzione e del sospetto.

Si fermano sulla pratica della lamentazione, soprattutto verso l’Italia. Non finisce mai, infatti, la richiesta di compensi per i danni e le colpe coloniali, e non sono accettabili le nuove offerte di chiusura del contenzioso in cambio della costruzione di una autostrada di duemila chilometri lungo la costa, con una spesa totale 3,5 miliardi di euro, visto che il contenzioso con le ditte italiane danneggiate dalle decisioni libiche prese nel 1970, ha un valore stimato di soli 600 milioni. D’Alema ha sbagliato ad accettare, se ha accettato. Nel 1970 furono espulsi ventimila italiani che risiedevano in Libia da molte generazioni, le loro proprietà furono sequestrate; avevano trasformato Tripoli in un piccolo gioiello architettonico, costruito strade, ospedali, scuole; importato la coltivazione dell’olivo, degli agrumi e della vite.

Eppure Gheddafi fa celebrare ogni anno «la

giornata dell’odio e della vendetta». È un cialtrone saldo al potere purtroppo, ma se lo guardi nudo capisci che dei Paesi occidentali ha bisogno come dell’aria. Perciò con lui si può e si deve trattare a schiena dritta.

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