Giù le mani dalla «carta» prepagata

Quando i comunisti erano cosa certo esecrabile, ma almeno ancora seria, avrebbero reagito altrimenti alla Robin Tax. Si sarebbero figurati davanti i vecchietti in fila alle poste che ricevono allo sportello con la pensione la carta sociale del governo. E passo passo avrebbero immaginato la sorpresa, le spiegazioni svelte dell’impiegata, tutti i curiosi dialoghi seguenti, persino la recita dei soliti lamenti. Ma non sarebbe sfuggito loro il silenzio, guardingo ma contento, ragionante dei pensionati quando si sarebbero girati per tornarsene a casa. Compiaciuti, perché il poco vale a una certa età più del molto del quale volentieri si diffida, e uno sconto su cibo e bollette è fatto per piacere molto. Li conforterà, per l’attenzione altrui, alla quale cogli anni si impara a badare in misura maniacale, perché più sentimentale.
Ed ecco che avrebbe fatto allora il Pci di una volta, istruito alla politica dalle ferocie mistiche di Stalin e dall’ipocrisia di Togliatti. Al più tardi oggi, non ci sarebbe in Italia spazio d’affissione, persino nel più minuto paese dove sarebbe mancato un manifesto. Con su scritto in corpo maggiore: «vittoria della lotta popolare: questo governo borghese al soldo della canaglia berlusconiana ha ceduto. Le pressioni delle forze democratiche e sindacali hanno ottenuto prezzi minori per le fasce popolari più a rischio. Non basta, ma la lotta prosegue».
Ed invece che ti fanno ora i nipotini dei comunisti di una volta, adesso organi veltroneschi, o gli altri, rifondatori perenni, neocomunisti dell’infondabile? Fanno gli snob. Come il tal Pivetta che su l’Unità biasima l’ineleganza del gesto. Oppure come l’altro che su Liberazione, si cimenta in numeri che ha mal studiato, e minimizza, ma obliando che esistono più pensioni che pensionati. Per non dire dei maestrini del Manifesto tutti contenti di dire che l’invenzione americana si chiama food stamp, dunque Tremonti ha copiato. Accusa terribile per i maestrini falliti che sono, ma incomprensibile, per gli umili, e con ogni franchezza pure per l’umile economista che sono.
Mi permetterei di ricordare anzitutto che il governo del povero Prodi aveva aumentato i contributi ai giovani precari, per prendere in giro tutti con la sua riforma delle pensioni. Né Montezemolo e Moratti hanno peraltro protestato quando le tasse in più fatte pagare al ceto medio si sono incuneate in magici sgravi per i confindustriali. Oggi almeno c’è stata una redistribuzione palese: rendite di banche e petrolieri si sono mutate in più parmigiano e lampadine accese dagli umili. Che, tra l’altro, non si capisce che disonore sia chiamarli tali, considerato che la sinistra da anni ci spiega che siamo sempre più morti di fame, vittime di impoverimento. Il quale per la verità si concentrerebbe nelle regioni meridionali, dove andrà ricordato: la vita costa meno; dunque la carta varrà di più. Avrei capito insomma reclamare sull’entità della Robin card; che quindi veltroneschi o comunisti in disuso avessero eccepito alla maniera antica. Così sarebbero stati però furbi. Fors’anche visionari, tuttavia da studioso di circuiti monetari e monete informatiche li avrei contento assecondati.

Sistemi di stamp scrip, circuiti monetari adatti a redistribuire inventati da Gesell, furono infatti ripresi pure da economisti liberisti e durante la Grande Crisi, e persino Keynes ne parlò nella sua Teoria Generale. Ma sarebbe ben altro, e colto discorso. Quello dei neocomunisti, pentiti o no, è invece ignorante, e di non uso politico, vanesio ma indegno persino della presunzione di una volta.
Geminello Alvi

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