Gianni Carrea, il pittore con il «mal d’Africa»

Gianni Carrea, il pittore con il «mal d’Africa»

Quel titolo per la sua mostra, Impressioni d'Africa, lo ha scelto sorridendo, Gianni Carrea. Perché consapevole che il termine «impressione» dona con immediatezza il senso della sua ricerca, lunga una vita. Ricerca che torna a prendere corpo in una nuova mostra - a pochi mesi dal successo della sua antologica ordinata alla Fortezza del Priamar a Savona - al Centro Civico «Buranello» di Sampierdarena (Via Buranello 1, ingresso libero tutti i giorni ore 9-12 e 15-18, chiusa domenica e festivi; fino al 17 dicembre 2011). Curata da Elena Di Florio, Germano Beringheli e Luciano Caprile l'esposizione è, infatti, la più viva testimonianza di quelle Impressioni d'Africa evocate nel titolo. Queste hanno il proprio statuto nella traccia e quindi in quell'autenticità che Gianni Carrea (Serravalle Scrivia, 1942) persegue nelle sue opere. Autenticità che è fedeltà al vero e non al vissuto, sebbene il suo safari poetico nasca da un mal d'Africa che lo ha portato nel continente eletto a patria emotiva oltre 90 volte. Fedeltà al vero, si diceva, perché Carrea non si lascia ingannare dalla visione: durante i suoi viaggi vive, respira, osserva e scatta fotografie. Queste sono appunti, punto di partenza per la formulazione delle sue opere, frutto di una pittura attenta e generosa, che lasciano da parte il caos, l'effimero e la caducità a favore di una visione epurata e aurorale, capace di svelarne l'intimo senso. La visione è nitida e ieratica; il segno puntuale tanto da chiamare in causa l'iperrealismo ma lui, Carrea, i suoi soggetti li abita. E che soggetti: leoni, leopardi, gorilla, giraffe, gnu, elefanti, aquile e bufali cui fa contrappunto un'umanità altrettanto gloriosa, perché ricondotta al suo tempo primo, di bambini, uomini e donne. Nessun esotismo perché non siamo di fronte a tipi o modelli ma all'individuo. Per questo le opere di Carrea sono ritratti ideali, ove la volontà di indagine non cede mai il primo passo, che è sempre del rispetto. L'artista si pone in ascolto dell'identità, sia questa umana o animale, con lo stesso riguardo e la offre in tutta la sua fierezza davanti al nostro sguardo: la sua straordinaria padronanza del medium, allora, si rivela essere completa aderenza a un mondo poi sublimato in immagine. La ricerca di Carrea, da tempo declinata nella pittura, si muove da un'indagine concettuale che lo aveva condotto, negli anni Settanta, a sperimentare l'imprinting su anatre e oche e quindi a riflettere sui pericoli di una tecnica e di una scienza fini a se stesse con ibridazioni visuali tra animali e componenti meccaniche.

Il desiderio di mettersi alla prova, sperimentando, non ha mai abbandonato Carrea che negli anni ha maturato un linguaggio pittorico vitale e sincretico di cui la mostra al «Buranello» rivela tutta la forza. In esposizione oltre 60 opere a testimoniare, insieme alla proiezione nell'Auditorium dei documentari dei suoi safari (10 e 17 dicembre, ore 16.30) l'autenticità e la fedeltà di quelle Impressioni d'Africa.

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