Gianni Minà festeggia

L’ironia della sorte - o, se preferite, la malignità del caso - ha voluto che i due annunci uscissero lo stesso giorno. Su parecchi quotidiani la promessa veltroniana di voler dare 600 euro di buono spesa a 3 milioni di famiglie indigenti. Su un semplice fax della Regione Lazio, ad opera del presidente del comitato contabile Augusto Pigliacelli, la perplessità dello stesso per gli 84mila euro destinati da Piero Marrazzo per le celebrazioni di una settimana decise per onorare i 50 anni di vita professionale di Gianni Minà.
Dice: e come si combinano le due cose? Beh, anche qui si tratta di elargizione pubblica, anche se il giornalista non è che sia proprio un indigente. Una regalia niente male, visto che la «determinazione dirigenziale A 0886 del 14 marzo 2008», come recita l’atto regionale, destina la somma alla G.M.E. Produzioni srl. Che altro non è che una società di produzioni televisive fondata da tale Gianni Minà nel 1984 che, da quanto si può sapere, ha prodotto e distribuito fin qui documentari e film girati dallo stesso Minà.
A ben vedere, insomma, una differenza ci sarebbe pure: Veltroni promette col suo annuncio 600 euro di buono spesa, ma bisognerà vedere se troverà quattrini a sufficienza nelle scrivanie del Tesoro, ammesso e non concesso che gli siano affidate le chiavi dell’erario. Marrazzo invece è già passato alla cassa e ha dato ordine di pagare Minà, attribuendo la spesa - si cita per dovere di cronaca - al «capitolo R31501 dell’esercizio finanziario 2008». Perché poi la regione Lazio (di cui Veltroni è stato sempre fermo sostenitore) abbia deciso di devolvere a Gianni Minà ben 84mila euro, resta un mistero. La «determinazione» parla di omaggio ad «una vita da cronista» e cioè ai 50 anni di vita professionale del nostro, che a metà del prossimo maggio compirà 70 anni. In realtà, stando alla sua biografia, la professionalità si fermerebbe a 49 anni, dato il suo ingresso a Tuttosport nel 1959. E se si vuole proprio andare a cercare il pelo nell’uovo, daterebbe ancor meno se si sta alla voce che lo vuole finalmente assunto in Rai solo nel ’76 «dopo 17 anni di precariato». Ma queste son cosucce.
Il fatto che si capisce meno è perché tocchi alla regione Lazio foraggiare con una cifra non indifferente un torinese con una sviscerata passionaccia per Cuba e grande interesse per l’America Latina. Passi poi proiettare i suoi film - su Castro, naturalmente, ma anche su Che Guevara, Rigoberta Manchù, il subcomandante Marcos, Silvia Baraldini, Diego Armando Maradona e Muhammad Alì (già Cassius Clay) - per sei giorni nella Casa del Cinema di villa Borghese a Roma. Ma perché mai affidare il compito di celebrare il Minà ad una società che gli appartiene e che, a meno di clamorose sorprese, non farà altro che girargli i quattrini?
Chissà. Forse Marrazzo si è fatto convincere da quel Minà che ancora pochi anni or sono, non solo definiva il Fmi come «ente criminale», ma dagli appuntamenti no global strillava forte: «Ripartire più equamente la ricchezza!». Stavolta c’è riuscito, anche se non tutti paiono d’accordo col fatto che sia lui ad usufruirne. E mica solo chi, dal centrodestra, vede il suo filocastrismo puro e duro e se ne lagna. Su parecchi blog di sinistra, dove si commenta uno dei suoi ultimi libri («Politicamente scorretto») non manca chi lo attacca sostenendo che sotto sotto, più che al vetriolo assomiglia al «Cif ammoniacal», quello che notoriamente non graffia.
Sia come sia, dall’8 al 13 giugno, per chi lo riterrà opportuno, si terrà il «Minà-festival» nel corso del quale la G.M.E. Produzioni srl si è impegnata a «dare massima visibilità alla regione Lazio con l’apposizione del logo regionale su tutto il materiale pubblicitario». La cifra, 160 milioni di vecchie lire, pare un tantino esagerata a Pigliacelli, presidente del comitato di controllo contabile della regione. Che chiede anche sommessamente se si abbia notizia di eventuali disparità di trattamento rispetto ad altri giornalisti vicini al cinquantennio di professione e di pari bravura. Sono stati attribuiti riconoscimenti del genere, in precedenza? Pare di no. Marrazzo - dopo i pasti privati a costi stellari - sta forse inaugurando un nuovo “stile” coi professionisti dell’informazione? Qualcuno ci spera.


Resta il fatto che in una Italia buco nero in fatto di produttività e con le tasche vuote, la regione Lazio decide di offrire graziosamente 84mila euro ad un signore celebre per le 16-ore-16 di intervista con Fidel Castro e che oggi spesso si lamenta dell’anonimato cui lo costringerebbe il centrodestra. Poi dice che l’antiberlusconismo non paga più...

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