Newt Gingrich si gioca quello che non sperava più di riuscire a giocarsi. Ventiquattr’ore per una rimonta che sembra impossibile: i sondaggi della South Carolina (dove si vota domani per le primarie repubblicane) dicono che l’ex speaker della Camera è in ripresa. La questione del conto corrente segreto alle Cayman rischia di mettere in difficoltà Mitt Romney in uno Stato dove l’ex governatore del Massachusetts era diventato favorito più per la divisione del fronte conservatore che per meriti suoi. Gingrich adesso gonfia il petto. Ci prova, nonostante parta con l’handicap e nonostante la perfida rivelazione dell’ex moglie: in un’intervista all’Abc ha detto che l’ex marito voleva un rapporto aperto. Lui, lei e l’altra. Colpo basso, alla vigilia di un voto nel quale l’elettorato più religioso e più attento ai valori della famiglia conta moltissimo.
Newt però spera. Si augura che tra le due brutte figure sia peggiore quella dell’avversario Romney. In più conta sul teorico 3-4 per cento di voti di Rick Perry, il governatore del Texas che ieri ha annunciato di ritirarsi e contemporaneamente ha dichiarato il suo sostegno pubblico a Gingrich. Se tutti i potenziali voti di Perry dovessero finire all’ex speaker della Camera, la partita della South Carolina sarebbe aperta. In più c’è quella quota di elettorato fan di Sarah Palin che due giorni fa non ha fatto un endorsement, ma una cosa che gli si avvicina: «Se fossi un elettore della South Carolina voterei per Gingrich». Si gioca, quindi.
Domani, a Charleston, un appuntamento che una settimana fa sembrava aver perso il pepe che all’inizio delle primarie gli veniva accreditato, tornerà a essere decisivo: se Gingrich vincesse allora la sfida per la Florida (il 31 gennaio) diventerebbe molto interessante e potenzialmente si aprirebbe uno scenario nuovo. Difficile, ma ora possibile. Almeno teoricamente. È il bello delle primarie. È il bello dell’America.Twitter: @giudebellis
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