Se si pensa che - dove ora sorge lo Stadio Nazionale di Varsavia - fino al 2008 c’era un bazar a cielo aperto di ambulanti vietnamiti, viene da stropicciarsi gli occhi. Perché invece oggi, dopo 4 anni e quasi due miliardi di euro di investimenti, gli impianti di Euro 2012 fanno impallidire certi macilenti stadi di casa nostra.
L’Italia, che ha scelto come sede di ritiro le miniere di sale di Wieliczka vicino a Cracovia, giocherà la fase a gironi in due stadi: la PGE Arena di Danzica (il 10 giugno contro la Spagna) e lo Stadio Comunale di Poznan (contro Croazia e Irlanda il 14 e 18 giugno). Il primo è un impianto spettacolare, un vero e proprio gioiello tra un deposito di treni merci e il quartiere di Letnica. Gioiello architettonico, costruito in 26 mesi su un terreno paludoso bonificato; ma anche gioiello in senso stretto: Danzica è capitale mondiale della lavorazione dell’ambra e la copertura esterna richiama un blocco del prezioso materiale, con 70mila tessere dorate in policarbonato. Simile all’Allianz Arena di Monaco, lo stadio prende il nome dallo sponsor (la compagnia energetica polacca) ed è raggiungibile in bus o con il traghetto sulla Motlawa che parte dal porto e dai cantieri del centro. Costato 165 milioni di euro, garantisce la stessa perfetta visuale a tutti i 42.105 spettatori, dato che gli 82 piloni che reggono la copertura sono a scomparsa. Il Mar Baltico, lontano solo un km, è richiamato dalla linea ondulata delle tribune e sarà «presente» anche in campo: sono necessarie 125 balle di erba olandese speciale e «salata» per attecchire in un ambiente dall’aria salmastra. Una curiosità: i seggiolini di diversi toni di verde (il colore del Lechia Gdansk, la squadra di casa) sono più chiari accanto al terreno di gioco per dare l’1% di luminosità in più.
A Poznan, invece, l’Italia giocherà nell’unico stadio polacco già esistente e solo ristrutturato. Lo Stadion Miejski, casa del Warta e del Lech (avversario della Juve nell’Europa League 2010), sorge nel distretto di Grunwald a 3 km dal centro, tra i condomini socialisti degli anni Settanta. È «strabico» perché una delle tribune non è stata demolita ed è quindi più piccola delle altre. Con i suoi 43.
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