di Stefano Filippi
Le montagne russe più famose del mondo non nascono lungo il Volga ma alle porte di Vicenza, tra l'autostrada Serenissima e i colli Berici, in grandi capannoni che cinquant'anni fa non esistevano. Sorgeva una fabbrichetta dove Antonio Zamperla, famiglia di giostrai, aveva cominciato a produrre in serie alcune attrazioni da luna park: autoscontri, go-kart, «calcinculo». L'industria del divertimento è nata qui, genio creativo e imprenditorialità veneta. E oggi non c'è angolo del mondo che non sia raggiunto. La Zamperla spa realizza il 97% del fatturato fuori dall'Italia, in 90 Paesi. È il maggiore fornitore dei parchi Disney. Lavora per cinesi ed emiri del Dubai, a Manila e Minsk, per gli iracheni di Bagdad e i finlandesi di Tampere, e perfino in Corea del Nord: il divertimentificio vicentino è l'unica breccia capitalistica aperta nel regime di Pyongyang.
Fare più affari in Estremo Oriente che vicino a casa amareggia un po' Alberto Zamperla, 65 anni, figlio primogenito del fondatore entrato ragazzo nel reparto commerciale nel 1972 e pilota della scalata al successo. Due anni fa propose di recuperare l'isola veneziana di San Biagio, la discarica della laguna abbandonata da decenni: ne avrebbe fatto un «edutainment» sulla storia e i popoli della Serenissima, e un parco giochi. Non se n'è fatto nulla per l'ambiguità dei politici e l'ostilità degli ambientalisti. Con i verdi gli è andata meglio in Germania: a Kernwasser, località presso il confine olandese, Zamperla ha trasformato una centrale atomica mai avviata nel parco divertimenti Wunderland. La torre di raffreddamento ospita la giostra gravitazionale: «Sarebbe costato di più demolirla», spiega.
Il rammarico per San Biagio brucia ancora. Ma Zamperla è un cittadino del mondo, ha vissuto in Canada e negli Stati Uniti dove mantiene la residenza e ogni anno percorre 350mila miglia in volo. In ufficio tiene appesa la lettera di ringraziamento del sindaco di New York Michael Bloomberg dopo il risanamento dal degrado e il rilancio dello storico luna park di Coney Island, la spiaggia di Brooklyn. Dove dal 2010 tutte le attrazioni portano la firma del giostraio veneto.
Anche se lavora in mezzo mondo, il cuore dell'azienda resta a Vicenza dove le macchine del divertimento vengono disegnate, progettate e sottoposte a test rigorosissimi. Qui si parlano il dialetto veneto e l'inglese, lingua del sito internet e delle «slide» di presentazione aziendale. Si parte dal disegno, spiega il presidente: «La macchina dev'essere bella, attraente, e soprattutto dev'essere come ce la chiedono». Tutta la tensione delle maestranze - siano gli ingegneri che collaborano con le università di Padova e Perugia o gli operai specializzati - è concentrata a non rinunciare a nulla: sicurezza innanzitutto, e poi estetica, innovazione, capacità di sorprendere.
Le commesse sono pezzi unici, idee irripetibili. «I manager della Disney vengono qui con i loro bozzetti e noi ci dobbiamo adeguare. È così che siamo diventati i loro costruttori di fiducia», dice Zamperla. Fu l'Eurodisney parigina a segnare una svolta storica nel 1988: l'azienda veneta si aggiudicò la costruzione di sette attrazioni su 11. Poi sono venuti i parchi a tema voluti da Paramount, Universal Studios, Lego, Six Flags. E prima di Bloomberg e Coney Island era stato il predecessore Rudolph Giuliani a chiedergli di adattare l'area della pista di pattinaggio di Central Park in un parco divertimenti estivo: operazione realizzata con la Trump Organization .
Che cosa si trova qui che non si rintraccia altrove? «Quattro elementi - risponde Alberto Zamperla -. La genialità. Amiamo quello che facciamo. Risolviamo ogni problema. Siamo bravi». Un dato può confermarlo: tra i calcoli strutturali teorici in tema di sicurezza e resistenza e i riscontri effettivi sui prototipi si registra una discordanza minima, 7-8 per cento. La spinta all'innovazione è fortissima: ogni anno ad Altavilla si progetta e si realizza almeno una attrazione nuova con una catena completa, dai bozzetti al prodotto finale.
Ma se dovesse sintetizzare il segreto del successo, il re delle giostre lo individua nella curiosità. «Noi siamo sempre pronti a migliorare, alla novità, a metterci in discussione. Guardiamo con attenzione alla concorrenza, cerchiamo di capire dove si muove il mercato. Non sottovalutiamo nessuno perché la competizione nei prossimi anni aumenterà sempre di più e in questa crisi sono già stati utilizzati tutti gli ammortizzatori. La prossima volta sarà più dura». C'è un passo del libro Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar che Zamperla regala come una parte preziosa di sé. Eccolo: «Sono pochi gli uomini che amano viaggiare a lungo; è una frattura continua di tutte le abitudini, una smentita inflitta incessantemente a tutti i pregiudizi. Ma io facevo di tutto per non avere alcun pregiudizio e pochissime abitudini; apprezzavo le disuguaglianze di ogni segmento della circonferenza del mondo».
Curiosità e un «piano B» di scorta. L'altra dote che Alberto Zamperla si riconosce è il fiuto della giostra, quella speciale miscela di piacere e brivido senza rischi che rende così irresistibili rollercoaster, ruote panoramiche e caroselli made in Vicenza: «Appena apre un'attrazione prendo l'aereo e vado a vedere le facce di chi scende».
L'istinto è stato educato a una grande scuola, quella del padre Antonio, primo italiano inserito nella Hall of Fame dell'International Association of Amusement Parks and Attractions , a fianco di Walt Disney e George Ferris, l'inventore della ruota panoramica . «Mio padre era fantastico. Mi lasciava sbagliare e così mi ha fatto crescere. Appena mi ha concesso spazio ha scoperto che avevo qualità. È quanto cerco di fare ora con mio figlio».
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