«Il ministro della Giustizia non è un passacarte ma attiva un’attività istruttoria rapportandosi con altri organi che non sono di governo. Nel diritto non c’è mai una certezza assoluta, mi fa quasi tenerezza quando sento dall’opposizione questo convincimento assoluto». Inizia così l’intervento del ministro della Giustizia Carlo Nordio alla Camera, dove si discute la mozione di sfiducia presentata nei suoi confronti da Pd, M5s, Avs, Iv e +Eu per la gestione del caso Almasri, il criminale di guerra libico la cui mancata consegna alla Corte penale internazionale è al centro di una spy story.
Il Guardasigilli è nel mirino per la riforma della giustizia che sta portando avanti in Parlamento, è lui stesso a sottolineare come gli attacchi alla sua persona sono strumentali: «Sono stato accusato di essere responsabile del numero dei suicidi in carcere, delle nomine del garante, del sovraffollamento carcerario, del panpenalismo, delle madri detenute, di una crociata contro le intercettazioni, del dossieraggio dei parlamentari e di altro». Un attacco a tutto il governo «accusato di slealtà verso Camera» in un «Cahier del Doléances complesso, che ricorda l’Inquisizione, nel quale mancano solo le accuse di simonia e bestemmia».
Da qui «il sospetto - spero che non sia vero - che tutti questi attacchi nei modi anche più sciatti, più fasulli, siano attacchi programmati, duraturi per evitare quella che secondo noi è la madre di tutte le riforme, la separazione delle carriere e l’inserimento del sorteggio nel Consiglio superiore della magistratura», ha sottolineato l’ex pm di Venezia. Quanto alla richiesta di arresto della Corte penale internazionale e alla successiva espulsione del generale libico Osama al Najem, conosciuto come Almasri, Nordio ribadisce la posizione del ministero della Giustizia, che ha preso del tempo prima di decidere sull’arresto del criminale di guerra: «L’attività istruttoria va fatta quando gli atti rivelano dubbi, per inesattezze, e in questo caso li hanno rilevate, eccome se lo hanno fatto», aggiunge in riferimento all’errore contenuto nel primo provvedimento della Corte penale internazionale, dove a suo avviso c’era una discrepanza di date. «Ho sentito due interventi secondo i quali il ministro della Giustizia sarebbe stato obbligato, cioè sarebbe stato un atto dovuto quello di interloquire con la Corte d’Appello di Roma per chiedere l’arresto di quel signore libico. Ora, io ho sempre una certa perplessità quando sento discutere con tanta sicurezza in questioni giuridiche».
Che la responsabilità della mancata consegna sia della Corte d’Appello, che ha deciso in autonomia e sentendo il parere del Procuratore generale è fuori discussione, eppure le accuse sono tutte rivolte a Nordio: «L’argomento è così complesso, che nell’occasione di questi dibattiti sono state espresse da parti autorevolissime le posizioni più strane», ha ribadito infatti il Guardasigilli, che poi ha avvertito le opposizioni sui rischi di strumentalizzare le battaglie che riguardano la giustizia: «La spada della Giustizia è una spada senza elsa, che ferisce anche chi la brandeggia in modo improprio. E se viene usata in modo improprio, come in questo caso, ferisce anche chi la usa.
Soprattutto se si tende sempre a giurisdizionalizzare qualsiasi confronto politico, magari proprio da parte di quelle stesse forze che fino a ieri avevano censurato l’invasività della magistratura nei confronti della politica stessa».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.