C’è un dilemma alla Cultura. Ed è sul nome destinato alla “poltrona per tre”, già occupata da Gilioli e Spano, nonché sul potenziale commissariamento che quella nomina potrebbe rappresentare per il ministro in carica, tanto da spingerlo addirittura a un clamoroso passo indietro.
In queste ore, in effetti, c’è una forte corrente che attraversa le acque già agitate di un ministero della Cultura che da qualche mese non trova pace. Prima l’affaire Sangiuliano-Boccia, concluso con le dimissioni dell’ex direttore del Tg2 e la nomina al suo posto di Alessandro Giuli. Poi il balletto dei capi di gabinetto, con Giuli che dà il via al valzer facendo le scarpe all’ex fedelissimo di Sangiuliano, Francesco Gilioli, e nominando al suo posto Francesco Spano, “bravissimo tecnico”, ma anche gay, sposato con un uomo, già in passato al centro di polemiche e di attacchi proprio da destra. E infatti il partito della premier non nasconde un certo scontento. Così Spano, dopo giorni di alto sgradimento da parte di Fdi, sceglie a sua volta di fare un passo indietro e si dimette. A causa degli “sgradevoli attacchi personali”, spiega l’ormai ex capo di gabinetto, sul quale incombe peraltro anche un servizio annunciato da Report su un presunto conflitto d’interesse al Maxxi. E Giuli, suo malgrado, pur difendendo ancora Spano finisce per essere costretto ad accettarne le dimissioni.
Adesso però c’è da trovare un successore. E il nome più papabile, allo stato, è molto più ortodosso di Spano. Si tratterebbe, mette nero su bianco il Foglio, della moglie di un parlamentare di Fratelli d’Italia. E la testata web Policy Maker, oltre a dar conto della forte tentazione di Fdi di “commissariare” il neoministro, e di come quest’ultimo – se dovesse accadere – sarebbe pronto a farsi da parte, prova anche a dare un nome e un cognome al vago identikit. “Gli occhi e le orecchie sembrano siano puntati sull’avvocato Cristiana Luciani, moglie del deputato Luca Sbardella, professionista stimata e dirigente presso il Garante per la protezione dei dati personali”. Professionista, sì, ma anche nome più che ortodosso, non solo per il marito parlamentare ma anche perché figlia di Antonio, medico e politico di lungo e destrorso corso, e sorella di Roberto, già assessore alla Cultura a Tivoli e autore di un libro su Augusto Turati, segretario del Partito Nazionale Fascista.
Lapalissiano dire che il nome di Luciani – che qualche lustro fa ha anche già avuto un passaggio al ministero della Cultura - sarebbe meno divisivo rispetto a Spano.Ma che ne penserà Giuli di dover incassare un nome così, calato dall’alto e con un colore politico a denominazione d’origine controllata e garantita almeno quanto i vini prodotti da lei e dal marito?
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